Le 625 pagine dell’informativa finale dei carabinieri di Crotone traccia tempi e modi di una notte tragica attraverso le conversazioni tra gli operatori della Finanza e della Guardia costiera
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«Una persona sul ponte superiore – possibili persone aggiuntive sottocoperta, giubbotti salvataggio non visibili, buona galleggiabilità, stato del mare 4. Portelli aperti a prua, significativa risposta termica dai boccaporti»: sono le 23:03 del 25 febbraio dello scorso anno e gli uffici di Frontex a Varsavia comunicano alla sala operativa di Pratica di Mare l’avvistamento di un barcone intercettato alle 21.26 a circa 40 miglia dalla costa di Le Castella dall’aereo Eagle 1, che era decollato dall’aeroporto di Lamezia qualche ora prima. La segnalazione dell’ufficiale della guardia di finanza in servizio che avvisa anche i colleghi della capitaneria di porto arriva poco più di venti minuti dopo: «Trattasi di natante con migranti a bordo avvistato dall’Eagle 1 alle h. 21:26 Z, attualmente a Mgl 41 circa, da località Le Castella (KR)». Quella barca intercettata dall’alto e subito identificata come barcone carico di migranti diretti in Italia è la “Summer of Love”, il caicco di legno fracido partito dalla Turchia giorni prima e che finirà la sua corsa a due passi dalla costa, sulle secche a largo di Steccato di Cutro, provocando la più grande strage migrante della storia della Calabria.
Sono le 625 pagine di informativa finale dei carabinieri di Crotone a spiegare tempi e modi di una notta tragica che è costata la vita a quasi 100 persone (di cui 35 bambini) e un numero imprecisato di dispersi. Un’informativa che raggruppa le comunicazioni che i vari ufficiali e sottufficiali di Guardia di Finanza e Guardia costiera si scambiano, sia su canali istituzionali sia sulle chat private, in quelle interminabili 5 ore trascorse tra la prima segnalazione e lo schianto che trasformò la piccola spiaggetta di Steccato in un cimitero a cielo aperto.
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E che quel barcone malandato fosse carico di persone appariva chiaro a tutti: «So migranti», scrive un minuto dopo la prima segnalazione uno degli indagati dell’indagine che ipotizza il reato di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Passa un altro minuto e un altro indagato aggiunge: «In realtà non s’è visto nessuno, ma è una barca tipica». Poco prima di mezzanotte la situazione è considerata ancora sotto controllo: «l’imbarcazione naviga autonomamente e dalle foto non si vedono migranti in coperta» si legge in una delle chat.
In mare, dicono le carte, c’è la motovedetta della Guardia di Finanza V5000 che opera in zona Le Castella. Sono le 23.50: «Gli stessi operatori – si legge nel documento – riferivano di avere appreso dai colleghi della sala operativa del Roan di Vibo che, sentita la capitaneria di porto di Crotone, questa aveva comunicato che, al momento, non riteneva necessario l’intervento dei propri mezzi in quanto l’imbarcazione segnalata navigava in autonomia, comunicando che sarebbe stata impegnata una loro unità in caso di necessità».
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Alle 02:30 esce in mare dal porto di Crotone anche la motonave della guardia di finanza “Barbarisi” che invertirà la rotta alle 03:40 per le pessime condizioni del mare rientrando in porto alle 04:30. «Alle ore sei – annotano gli investigatori – dalla sala controllo del Gan di Taranto si apprendeva dell’avvenuto naufragio sul mare antistante Steccato di Cutro».
Alle 3.48 un operatore delle fiamme gialle comunica alla capitaneria di porto che le due unità navali impiegate nella ricerca del target hanno fatto rientro in porto per le condizioni meteo avverse. In mare a questo punto non c’è più nessuno, visto che i mezzi della capitaneria non sono salpati. «Al momento, noi in mare non abbiamo nulla – si legge in una risposta di un operatore della capitaneria – eh, poi vediamo” se … come si evolve la situazione perché al momento non … non abbiamo nessun genere di richiesta. Abbiamo solo quest’avvistamento fatto dall’Eagle”».
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Quando alle 04:11 uno dei naufraghi contatta i carabinieri invocando continuamente aiuto, ormai è troppo tardi per intervenire. In pochi minuti il litorale di Cutro si riempirà di cadaveri portati in spiaggia dalla corrente.
«Ritengo ancora oggi che non ci fossero le condizioni per l’attivazione del piano Sar perché non vi erano delle circostanze effettive e chiare, quali una telefonata di soccorso o altro idonee a far sorgere una situazione di incertezza sullo stato dell’imbarcazione e sulla sicurezza delle persone a bordo - ha dichiarato a sit l’ammiraglio Gianluca D’Agostino, responsabile della sala operativa delle Capitanerie di porto - Ritengo che il nostro unico errore sia stato quello di fidarci della Guardia di finanza che ci ha dato informazioni mendaci». Un accusa rispedita al mittente dal comandante del Roan della guardia di finanza di Vibo, Alberto Lippolis, che sottolinea in un messaggio al collega del gruppo aeronavale di Taranto «Alla capitaneria di porto l’abbiamo… ne abbiamo richiesto l’intervento già a mezzanotte, hanno dato disponibilità ma non sono mai usciti».