Una luce per chiedere verità e giustizia per Sissy Trovato Mazza, l’agente della polizia penitenziaria originaria di Taurianova, morta dopo più due anni di agonia in circostanze ancora tutte da chiarire. Si è svolta questo pomeriggio, a Piazza Camagna a Reggio Calabria, una fiaccolata “silenziosa” organizzata dall’associazione “Libera, nomi e numeri contro le mafie” e dal comitato civico di “Sissy-la Calabria è con te”, a cui hanno partecipato anche semplici cittadini e diversi esponenti politici del territorio. All’iniziativa ha presenziato anche il padre di Sissy, Salvatore Trovato Mazza, che dal primo novembre del 2016 chiede giustizia e soprattutto di conoscere quanto accaduto alla figlia.


Sissy Trovato quel giorno era in servizio all’ospedale di Venezia perché doveva vigilare una detenuta che aveva partorito da poco. Verrà trovata all’interno di un ascensore priva di sensi e riversa in una pozza di sangue. Il colpo sparato alla testa non le ha lasciato scampo e la giovane agente entrerà subito in coma, un coma da cui non si risveglierà mai. La Procura di Venezia chiederà al gip l’archiviazione del caso considerandolo un suicidio, ma la famiglia di Sissy non crederà mai che la loro piccola possa aver compiuto questo gesto. Adesso le indagini sono state riaperte e «i magistrati - ha dichiarato il padre di Sissy alla nostra testata - ci devono dire cosa è successo quel giorno. La parola “suicidio” noi non la vogliamo più sentire; mia figlia quella mattina stava servendo lo Stato loro ci devono dire cosa le hanno fatto».


Ha gli occhi colmi di lacrime il signor Trovato, ma, nonostante il dolore, è fermo nel voler ricevere risposte da parte degli inquirenti. Sissy infatti, aveva relazionato gli “strani giri”, soprattutto di droga, che avvenivano all’interno dell’istituto penitenziario veneto. Proprio nei giorni scorsi il padre ha portato all’attenzione degli inquirenti una lettera in cui la figlia aveva dichiarato di essere «stata avvicinata da molte detenute che hanno raccontato fatti gravi che riguardano le mie colleghe. Essendo la cosa molto delicata, ho cercato di evitare di ascoltarle e ho riferito tutto subito all'ispettore».


Da quanto è trapelato Sissy aveva fatto nomi e cognomi e aveva messo tutto per iscritto. «Non sono io che devo fare le indagini - ha chiosato Salvatore Mazza - sono loro che devono capire anche cosa succedeva all’interno del carcere. Fino a qualche mese fa lo Stato, e anche l’amministrazione penitenziaria ci ha abbandonato; è da quattro mesi invece, che hanno iniziato a starci vicini. Perché conoscere la verità non aiuta solo noi familiari, aiuta tutte le Istituzioni».

La vicinanza di Libera

L’inziativa è stata voluta fortemente dal coordinamento provinciale reggino di “Libera” ed in particolare da Stefania Gurnari, componente del gruppo “memoria”. La Gurnari è la madre di Antonino Laganà, bambino originario di Melito Porto Salvo che il 6 giugno del 2008 a soli 3 anni è stato colpito in testa da un proiettile mentre era in corso la recita di fine anno. Antonino riuscirà a salvarsi miracolosamente e da allora la donna ha deciso di impegnarsi per la crescita civile del territorio. «La vicenda di Sissy - ha affermato Stefania Gurnari - è avvolta da troppi misteri, non si può morire a 28 anni così. Ed è per questo che dobbiamo chiedere tutti la verità per lei. Chi sa - ha sottolineato - chi ha visto deve raccontare. Soprattutto le Istituzioni che lei rappresentava si facciano avanti e chiedano anche loro giustizia».