Le indagini dei carabinieri sulle minacce ricevute da Pino Falleti nel 2017 porterebbero alla regia dello stesso capogruppo Pd. L'uomo non sarebbe al momento indagato
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Si sarebbe inviato lettere minatorie per tenere in piedi la sua maggioranza consiliare in piena crisi politica. Una storiaccia che emerge dall’inchiesta che ha portato all’incriminazione di Francesco Sposato per la bomba all’auto del primo cittadino di Taurianova Fabio Scionti. Venerdì il rinvio a giudizio di Sposato da parte del gup di Reggio Calabria, così come richiesto dalla procura antimafia reggina; oggi dalla documentazione di indagine visionata dagli avvocati Guido Contestabile e Mariarosa Crucitti, e confluita nella loro memoria difensiva, emergerebbe come Giuseppe Falleti detto “Pino” si sarebbe inviato delle lettere minatorie per tenere in piedi la maggioranza consiliare che stava scricchiolando.
All’epoca dei fatti, Falleti era il capogruppo del Pd nell’assemblea cittadina e a marzo e settembre 2017 denunciò ai carabinieri di avere ricevuto minacce in due missive anonime, in una delle quali veniva minacciato anche il sindaco Fabio Scionti che, per dovere di cronaca, risulta totalmente estraneo a questa vicenda. Falleti non risulterebbe indagato, almeno ufficialmente, ma restano le prove raccolte dalla polizia giudiziaria in fase di indagine sul suo presunto coinvolgimento nell’invio delle lettere minatorie a se stesso e al sindaco Scionti.
La tesi di Falleti
Nella memoria difensiva, gli avvocati Contestabile e Crucutti spiegano che «il 16 marzo 2017 e 25 settembre 2017, a ricevere atti intimidatori era Giuseppe Falleti, il quale alla prima data subiva l’incendio della sua autovettura e in data 25 settembre riceveva una lettera minatoria a casa».
Dopo la denuncia da parte del sindaco e di Falleti, i carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo Gioia Tauro hanno dato il via alle indagini per capire chi potesse avere inviato quelle lettere minatorie nei confronti dei due amministratori di Taurianova.
Lo stesso Falleti, in sede di interrogatorio, avrebbe spiegato ai militari dell’Arma che secondo il suo parere quelle minacce avrebbe avuto un’unica regia per fare cadere l’amministrazione comunale.
L’indagine
I carabinieri iniziano a indagare, partendo proprio dall’ufficio postale di Taurianova da dove le due lettere minatorie erano state inviate «ed attraverso una serie di verifiche incrociate – si legge nella memoria difensiva - i militari hanno verificato che la lettera anonima era stata inviata dalla stessa “presunta vittima”, che quel giorno aveva effettuato 4 operazioni. Pertanto dopo aver accertato che la lettera del 25 settembre era stata inviata dallo stesso Falleti – scrivono Contestabile e Crucitti - i carabinieri avevano effettuato altri accertamenti per capire da dove fosse partito lo scritto anonimo inviato il 23 febbraio al sindaco (e che conteneva minacce anche nei confronti del Falleti). All'esito delle indagini, la polizia giudiziaria aveva accertato delle evidenti analogie tra la lettera del 25 settembre e quella del 23 febbraio: stesso carattere, stesse modalità di spedizione, stesso linguaggio».
Le analogie
I due penalisti vanno nello specifico, riportando un passo del verbale di accertamento vergato dai carabinieri: «Appurato che la lettera minatoria del 25 settembre 2017 era stata inviata dalla stessa vittima, il consigliere Falleti Giuseppe, analoghi accertamenti a quelli descritti venivano effettuati anche per l'esposto intimidatorio fatto recapitare al sindaco di Taurianova il 23 febbraio 2017. Nella circostanza emergevano delle evidenti analogie. La relativa busta era stata inviata dall'Ufficio Postale di Taurianova (RC) con servizio di posta ordinaria "Posta 4" e riportava come data e ora di accettazione il 14 febbraio 2017 alle 13.05, per un importo di e 0,95. A questo punto appariva evidente che la modalità di spedizione di entrambe le lettere intimidatorie era la stessa. La conseguente verifica effettuata sul "Giornale di fondo" - applicativo delle Poste Italiane — permetteva di stabilire che la corrispondenza illecita era stata inviata il 14 febbraio 2017, alle ore 13:05, con un costo di spedizioni pari ad e 0,95 ed era riconducibile all'operazione nr. 124 della postazione di lavoro nr. 6. A differenza di quanto effettuato il giorno 19 settembre 2017, in questa circostanza, il responsabile dell'azione delittuosa aveva effettuato esclusivamente questa operazione, pagando la somma di euro 1,00 e ricevendo e 0,05 di resto. Il dato utile atteneva alle analogie segnalate sopra che facevano indubbiamente dedurre che il soggetto responsabile dell'invio delle missive fosse la stessa persona. Dunque, gli approfondimenti esperiti presso l'Ufficio Postale di Taurianova (RC), consentivano di cristallizzare le responsabilità penali del consigliere di maggioranza».