Spiega le ragioni della sua scelta in una lettera aperta: «Qui ho trovato un muro di gomma. Di sanità non si è mai parlato negli incontri politici»
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Ha rimesso il mandato di responsabile regionale del dipartimento sanità della Lega, Elio D'Alessandro e lo ha fatto inviando una lettera aperta per spiegare le ragioni che lo hanno indotto al passo indietro.
«È stata ponderata a lungo, da quando mi sono reso conto, fatti alla mano, che non sarei stato realmente utile a tutti coloro che, dopo la mia nomina, avevano riposto in me le loro speranze perché si realizzasse un cambiamento concreto nella sanità calabrese: una sanità che si voleva diventasse “virtuosa” e che tenesse il passo con quanto avveniva nelle regioni del nord» scrive D'Alessandro.
«In un intervista rilasciata appena dopo la nomina descrissi quella mia scelta politica come legata anche ad una consapevolezza personale: la paura di vivere, insieme alla mia famiglia, in una realtà in cui ogni eventuale evento traumatico avrebbe determinato conseguenze a dir poco disagevoli (drammatiche, sarebbe meglio dire) sul piano dell’intervento sanitario. In sostanza pensavo ai miei cari e anche ai calabresi tutti e desideravo quello che tutti noi auspichiamo: il diritto a potersi curare nella propria terra, senza affrontare la pena del “viaggio della speranza” verso altri lidi, con tutto il portato di sofferenza fisica e psicologica, oltre che di danno economico».
«Speravo questo. Sognavo questo. Ma da subito la realtà mi è apparsa chiara in tutta la sua durezza. Ho constatato sulla mia pelle - prosegue nella lettera - che tutto ciò era ben lontano da quanto pensava la classe dirigente della Lega calabrese. Dal 14 marzo del 2021, giorno della mia nomina, ho compreso - giorno dopo giorno - che a poco sarebbe servito il mio entusiasmo, e che la mia storia professionale (la mia competenza in campo sanitario) si scontrava con interessi che poco avevano a che fare con il sogno di una regione che potesse divenire competitiva».
«Ho cercato da subito di sensibilizzare gli organi locali del partito (e anche quelli nazionali, a dire il vero) sperando che capissero che la risoluzione del problema della sanità in Calabria doveva avere assoluta priorità rispetto a tutti gli altri problemi. Mi sono mosso con estrema concretezza, e cito un esempio per tutti: cercai di portare in Calabria (ancor prima dell’elezione a presidente dell’on.le Occhiuto) il colonnello Bortoletti, già noto per l’attività svolta nella Asl di Salerno (ricordiamo tutti il tributo che gli riservò Bruno Vespa a “Porta a Porta”). Come è noto Occhiuto nominò Bortoletti sub commissario, giustamente prendendosi il merito dell’iniziativa. Ma Bortoletti non arrivò mai in Calabria».
«Mi sia consentita una ulteriore considerazione. Appena nominato, in molti dissero che la scelta della mia persona era stata una scelta “illuminata”, e che ne faceva fede il mio percorso professionale, che contemplava peraltro incarichi nazionali (sia nell’Udc che nella “Consulta sanità” con Garaci). Tutti pensavano (lo pensavo anche io) che la mia esperienza in materia potesse servire a migliorare la sanità in Calabria. Ma la buona volontà a poco serve di fronte al “muro di gomma” di certe istituzioni».
«Con una certa amarezza rilevo che, di fatto, non sono mai stato ufficialmente presentato al partito quale responsabile e (cosa ancor più grave) che non sono mai stato coinvolto in nessuna iniziativa durante le campagne elettorali, regionali e nazionali e che un argomento cruciale come quello della sanità non è stato mai seriamente discusso durante gli incontri dei politici locali. Il mio ruolo doveva essere “legittimato” da subito da un commissario regionale (al quale indirizzerò questa mia lettera, che naturalmente invierò anche a Roma)».
«Insomma, non mi è stata mai data la possibilità di rendermi veramente utile. Il motivo? Dovrei pensare che la mia riconosciuta esperienza nel settore sanitario (una esperienza di rilievo, mi sia consentito anche questo) ha finito per essere un ostacolo, nel senso che qualcuno ha temuto che al confronto con certi politici si notasse una loro inadeguatezza, una mancanza assoluta di competenza specifica, la sola volontà di perseguire fini personalistici.
D’altra parte, è un problema che si presenta spesso quando si ha a che fare con certe classi dirigenti locali: la professionalità cede il passo a quello che si definisce “mestiere della politica”. Un mestiere che dovrebbe avere fini ben più nobili, occorre concludere. È alla luce di queste considerazioni che rimetto il mio mandato da responsabile regionale dipartimento sanità».