I morti sono un business. E possono essere anche un problema. Logistico. Tanto che a qualcuno può venire in mente di farsi spazio nel cimitero tentando di svuotare un’intera cappella, aprendo a picconate i loculi, spostando sette bare, svuotandole e raccogliendo le ossa dei defunti in bustoni di plastica come quelli dell’Ikea. Tutto questo di notte. Tanto chi ti vede, qua sono tutti morti. Amministrazione comunale compresa, che tra bilanci a pezzi e crisi politica ha altro a cui pensare che vigilare sul camposanto. Neppure una telecamera a ripredere lo scempio, neppure un vivo a controllare i morti, che d’altra parte di solito non se ne vanno in giro da soli, salvo improbabili giudizi universali.
Quanto accaduto al cimitero di Vibo Valentia ha dell’incredibile, tanto quanto sembra essere azzardato l’unico movente ipotizzabile: appropriarsi di una vecchia cappella funeraria come si farebbe per occupare abusivamente un appartamento che appartiene ad altri, gettando i mobili in strada e cambiando la serratura.
Solo che queste non sono suppellettili di scarso valore, ma resti umani ai quali dovrebbe essere riservato un rispetto assoluto.

 

Il luogo di sepoltura violato appartiene alla famiglia di Antonio Rombolà, originario di Vibo ma da molti anni residente in provincia di Firenze. All’ombra del castello Normanno Svevo sono seppelliti i suoi genitori, i nonni, gli zii.
“Via, spazio, questa cappella ci serve”, avranno pensato i profanatori. Eppure non appare come un luogo abbandonato, visto che saltuariamente qualche amico o parente fa visita ai propri cari. Ed è stato proprio un amico ad avvertire telefonicamente Rombolà, che a sua volta ha allertato i carabinieri, che dopo i rilievi hanno sequestrato l’area.
«Quanto accaduto è atroce - racconta, raggiunto telefonicamente dalla collega Cristina Iannuzzi -. È indescrivibile la sensazione che si prova nel sapere che la tomba dei tuoi genitori è stata profanata e che ora le loro ossa si trovano in una busta di plastica. Ma non può finire qua. Chi ha fatto questo deve pagare. E ci sono responsabilità precise anche del Comune e di chi non ha controllato. Noi gli affidiamo i nostri cari ed è giusto che facciano fino in fondo il proprio dovere. Andrò avanti, perché c’è stato un danno morale enorme».

 

In passato si era già verificato un episodio molto sospetto, che oggi Rombolà ricollega a quanto accaduto nelle ultime ore.
«Due anni fa qualcuno aveva cambiato il lucchetto - prosegue -. Fui costretto a romperlo e sostituirlo. Oggi mi rendo conto che quello è stato forse un primo tentativo di appropriarsi della cappella. Che, intendiamoci, non è abbandonata, ma per la sua posizione nel cimitero, abbastanza in disparte, probabilmente ha attirato le attenzioni di qualcuno che avrebbe voluto impossessarsene».
Persino la targa esterna in marmo che riportava il cognome della famiglia proprietaria è stata divelta. «È un lavoro che ha richiesto molte ore, tanta fatica - spiega un operaio - ed è stato realizzato da più persone».
I carabinieri indagano. C’è da capire anche perché le bare, ormai vuote, siano sparite. Ma soprattutto c’è da individuare i colpevoli di un gesto così orribile. Anche se nella Vibo che percorre a capofitto una china sempre più ripida verso il degrado, ormai può capitare anche questo: che sfrattino i morti a colpi di piccone e ne raccolgano i resti in buste di plastica per poi gettarli magari dietro la prima curva.