Il 25 febbraio 2020, quando la polizia lo andò ad arrestare nel cuore della notte, Domenico Forgione era un consigliere comunale di Sant’Eufemia d’Aspromonte ma, soprattutto, era un animatore del volontariato cittadino e un cultore di storia locale, con sei libri alle spalle. Ecco perché ora che, dopo 7 mesi di carcere, l’errore di persona è stato definitivamente rilevato – con la Dda che ha chiesto l’archiviazione della sua posizione – il giornalista e blogger tiene a far conoscere il suo caso con un mix di passione civile e dolore personale.

«Non sono arrabbiato – rimarca –, sono deluso perché il mio Stato non ha voluto darmi ascolto per tempo e ha atteso così tanto per ammettere l’errore».

Kafkiana la vicenda che Forgione racconta. «Appena ho letto il contenuto della intercettazione che mi veniva addebitata – prosegue – ho capito che non potevo essere io. Si parlava di appalti, di soffiate e di precedenti operazioni di polizia cose che sapevo di non aver mai detto: l’accanimento è stato perché non è contata la mia biografia da incensurato e di uomo che si è sempre speso per la rinascita culturale del nostro paese, non è bastata la perizia fonica di parte che avevamo fatto eseguire, e si è dovuto attendere la prova del Ris arrivata dopo 7 mesi di detenzione».

Forgione, che era stato arrestato nella retata Euphemios ordinata dalla Dda di Reggio Calabria assieme ad altre 60 persone – tra cui il sindaco Domenico Creazzo, di cui era stato avversario nella competizione elettorale per la poltrona di primo cittadino - sta tentando di tornare alla vita normale senza dimenticare «la grande solidarietà che ho ricevuto in carcere, tante lettere che mi sono arrivate facendomi pensare che in fondo quello che avevo seminato non è stato vano».

Esclude un suo rientro in politica, ma assicura che vuole impegnarsi «in una battaglia per migliorare la condizione carceraria e riformare il regime della custodia cautelare».