«Sono passati quattro anni da quel 19 dicembre 2019 che ha rappresentato uno spartiacque importante per il territorio vibonese. Dopo due anni e dieci mesi, con oltre 500 udienze, oggi, nell’aula bunker di Lamezia Terme è stato letto il dispositivo della sentenza del processo Rinascita-Scott. Arriva a conclusione il primo grande processo contro la ‘ndrangheta vibonese, enorme non soltanto nei i numeri ma anche per l'impatto sociale ad esso collegato. Un lavoro importante che va riconosciuto allo straordinario operato condotto dal collegio giudicante presieduto dalla dottoressa Brigida Cavasino». È quanto si legge in una nota di Libera Calabria.

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«Un verdetto – prosegue – che conferma quasi interamente l’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro e che permette di ricostruire anche giuridicamente non solo la visione unitaria della ‘ndrangheta, ma anche l’elevato numero di ‘ndrine presenti e attive in un contesto non molto ampio territorialmente quale quello vibonese. Una sentenza che colpisce, con pesanti condanne, l’ala più violenta e crudele della criminalità organizzata che per decenni ha tenuto sotto scacco e condizionato pesantemente la vita sociale, economica e politica del territorio».

«Una pronuncia, quella odierna, che conferma il venir meno del senso di impunità che per troppo tempo ha prevalso, incutendo paura e insicurezza. Siamo però convinto che la spallata decisiva alla criminalità organizzata ed alla sottocultura della ‘ndrangheta deve giungere dalla società civile, protagonista di processi culturali che permettano di invertire la rotta», continua la nota.

«Pertanto, il nostro pensiero è rivolto a chi, ancora oggi, si trova schiacciato dal giogo criminale, affinché pronunce come questa possano infondere maggiore coraggio e fiducia permettano di individuare nella denuncia una forza di libertà e cambiamento. Infine, accogliamo – conclude – con soddisfazione il riconoscimento della nostra associazione come parte civile, un riconoscimento che va oltre il dato prettamente giuridico ma che diviene simbolo di un’intera società civile e responsabile, la quale chiede direttamente ai mafiosi il conto del danno arrecato».