Dopo l'assoluzione di Tommaso Costa, l'unico indagato per la feroce esecuzione del giovane avvenuta nel 2005 la famiglia della vittima non si dà pace. «Decisione incomprensibile»
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La bandiera di Libera sul cancello d’ingresso, il maggiolone giallo simbolo di 13 anni di lotte davanti ai tribunali. E poi le foto che ritraggono il sorriso di Gianluca. Un sorriso spento nel 2005 non si sa ancora da chi. Qualche ora dopo la sentenza della Cassazione che ha assolto Tommaso Costa, papà Mario ci accoglie a Siderno nella sede della fondazione che porta il nome del figlio assassinato. Ha il volto provato da un viaggio in auto fino a Roma, dove i giudici supremi hanno messo la parola fine al caso dell’omicidio dell’imprenditore sidernese, rimasto senza colpevole.
«Non sono stato io a dire che l’assassino di mio figlio fosse Tommaso Costa – afferma – ma ben 4 gradi di giudizio. Finchè non leggeremo le motivazioni è difficile da capire in base a quali deduzioni sia stata presa questa decisione».
Mario Congiusta è un fiume in piena, e non si dà pace per un verdetto difficile da accettare. «È una sconfitta dello Stato – tuona ancora - non è possibile che gli assassini ci siano e non vengano trovati».