Tanto rumore per nulla. O quasi nulla. L’ordinanza sulla riapertura delle scuole superiori, annunciata ieri nella solita diretta Facebook on the road dal presidente facente funzioni della Calabria, Nino Spirlì, e attesa per 24 ore, si traduce in una semplice “raccomandazione” alle scuole a fare come dice lui. E che dice? Invita i presidi a consentire alle famiglie che ne facciano richiesta di tenersi i figli a casaUn petardo gettato negli uffici di presidenza degli istituti superiori. Perché ora la grana è tutta dei dirigenti scolastici, che dovranno affrontare le fazioni del Si e del No senza lo scudo di una norma chiara, magari criticabile, ma certa e ineludibile.

Spirlì ha una sua convinzione e non ne ha mai fatto mistero: le scuole in questa fase pandemica devono restare chiuse. Posizione legittima, degna di considerazione e di rispetto perché è anche quella di migliaia di genitori e studenti. Ma il Tar e il Consiglio di Stato hanno già bocciato questo orientamento, limitatamente alle scuole elementari e medie, definendolo (per ora) in contrasto con le norme nazionali, quelle dettate da un Governo di matrice politica opposta a quella del presidente facente funzioni, che milita nella Lega. Ma in Italia non ci si può mai rassegnare alla legge, figurarsi se è fatta dagli avversari.

Bisogna sempre elevare se stessi al di sopra di tutto e di tutti. E quando proprio non si può, perché magari sei il presidente di una Regione, c’è sempre la furbata. In questo caso scaricare il barile. Come dire, siccome non sono d’accordo che si torni in classe, scannatevi tra di voi. Un’ideona. Tanto più che la cosiddetta didattica integrata, cioè sia a scuola che contemporaneamente in Dad per chi vuole restare a casa, non è una novità. È già stata adottata in Puglia, con la differenza sostanziale che da quelle parti la Regione ne ha imposto l’adozione, vincendo anche la conseguente battaglia dinanzi ai giudici amministrativi chiamati in causa dall’immancabile ricorso.

In Calabria, invece, dopo aver ribadito in un paio di dirette facebook che ha le mani legate, Spirlì firma un’ordinanza nella quale “alle istituzioni scolastiche in questione viene raccomandata un’organizzazione che preveda la didattica digitale integrata per tutti gli studenti le cui famiglie ne facciano esplicita richiesta, nell’ottica di una migliore gestione organizzativa, anche alternativa al differenziamento degli orari di ingresso/uscita”. 
Raccomanda, niente di più. Anche perché la didattica integrata non si inventa dalla domenica al lunedì, ma servono attrezzature e competenze tecniche che probabilmente poche scuole possono garantire. Dunque solo una “raccomandazione”, parola sempre carica di suggestioni in un Paese come questo, dove la situazione è grave ma non è seria, come diceva Flaiano.

«Un’ordinanza che cerca la pace», ha detto il governatore non eletto nell’ennesima diretta facebook, questa volta post firma, evocando dal tinello di casa sua «il diritto dei genitori di decidere se mandare o meno i propri figli a scuola», ma guardandosi bene dal ricordare che la sua ordinanza è, in fin dei conti, solo un invito ai presidi.
Saranno loro che ora dovranno subire l’impatto di un provvedimento che inevitabilmente genererà tensioni tra istituzioni scolastiche (alcune tecnicamente impreparate a questo salto) e genitori. Basti pensare a una famiglia in cui più ragazzi che vanno in scuole diverse potrebbero doversi adattare a decisioni differenti. Oppure, cosa potrebbe accadere se, ad esempio, in una classe soltanto uno o due studenti decidano di frequentare in presenza, con gli altri che invece vogliono restare a casa? Come sarà valutato il profitto di chi va in classe e di chi invece opta esclusivamente per la Dad? Ma soprattutto, che senso ha “rischiare” il contagio se poi il valore aggiunto della socializzazione viene meno?

Eppure Spirlì spaccia la sua ordinanza come il «trionfo della democrazia», quando in realtà è l’esempio più lampante di un potere che decide di non decidere mostrando tutta la propria inadeguatezza e scaricando su altri l’onere delle proprie responsabilità.
Se davvero il governatore ff teme che la riapertura delle scuole superiori possa far schizzare verso l’alto la curva del contagio, avrebbe dovuto avere il coraggio e la coerenza di emanare un’ordinanza di chiusura imponendo la Dad, forse rischiando una nuova bocciatura del Tar ma salvando la faccia.

E a poco serve andare in diretta facebook per raccontare ai propri follower, che spesso saluta uno ad uno, quanto è brava, buona e bella questa amministrazione regionale: «Abbiamo appena iniziato e siamo già collegati in 200, lo zoccolo duro… bene, siamo 600… siamo 800… siamo 1.000…». La Calabria non sono mille persone chiuse nella propria bolla social che ascoltano Spirlì solo perché l’algoritmo di Zuckerberg glielo mostra nelle loro bacheche. La Calabria è ben altro, ma a quanto pare, per ora, è soprattutto questo.

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