«Si va avanti, con la speranza che non accada nulla». Quando a pronunciare queste parole è un dirigente scolastico e quel “nulla” è un terremoto che ci si augura non arrivi mai, c’è davvero da essere preoccupati.
Sembra impossibile, ma è il fatalismo a dominare le considerazioni di chi guida le scuole calabresi, nella consapevolezza che le richieste di interventi urgenti, gli appelli, le implorazioni resteranno lettera morta.

 

Mimma Cacciatore, dirigente del I circolo di Vibo Valentia, quello che comprende la scuola elementare Don Bosco che, ironia della sorte, sorge proprio di fronte al Comune, non nasconde l’amarezza: «L’agibilità delle scuole è un problema molto serio - afferma -. Per accogliere alunni e personale gli edifici dovrebbero essere sicuri al di là di ogni dubbio. Noi presidi chiediamo continuamente agli enti locali certificazioni e interventi, ma le nostre istanze rimangono puntualmente inevase. Ma è così per tutti i dirigenti scolastici italiani, non è una questione che riguarda solo Vibo Valentia. E così si va avanti, con la speranza che non accada nulla».
Parole che a sentirle innescano una miriade di interrogativi, uno più inquietante dell’altro, che confluisco tutti nella stessa domanda: come è possibile che nell’Italia del 2018 la sicurezza nelle scuole non sia ancora considerata una priorità assoluta?

 

 

«È vero, il rischio c’è - continua un’altra dirigente scolastica, Maria Salvia, che guida l’Amerigo Vespucci di Vibo Marina -. Ma le singole scuole cosa possono fare? Le chiudiamo? Non facciamo partire l’anno scolastico? Saremmo immediatamente inquisiti per interruzione di pubblico servizio».
Ieri il Codacons ha lanciato ancora una volta l’allarme, l’ennesimo. In Calabria nove scuole su dieci non sarebbero agibili e, in particolare, non offrirebbero alcuna garanzia di stabilità in caso di terremoto. Secondo l’associazione dei consumatori su 2.408 edifici scolastici censiti in Calabria, sarebbero 1909 quelli di cui si conoscono i dati. Di questi solo 832 sarebbero in possesso del certificato di collaudo statico e appena 382 hanno ottenuto il certificato di agibilità. Per questo ha chiesto ai prefetti di non peremettere l’apertura delle scuole sino a quando non saranno certificate le condizioni reali degli edifici.

 

«I prefetti non chiudono le scuole - continua Salvia - né lo fanno i sindaci, i presidenti di Provincia o chiunque altro. Le responsabilità vengono rimpallate e i dirigenti scolastici sono l’anello più debole della catena perché per la legge sono i responsabili della sicurezza. Ma noi non siamo ingegneri, siamo docenti. A meno che il pericolo non sia evidente, non possiamo sapere quali siano i rischi reali. Noi non possiamo neanche piantare un chiodo senza l’autorizzazione dell’ente proprietario dell’immobile. Il dato di fatto è che quasi tutte le scuole che esistono in Italia, nella maggior parte dei casi non sono a norma, e non alludo solo alla prevenzione antisismica, ma anche a tutto il resto. La mia scuola, ad esempio, è un edificio del 1964… e allora, di che parliamo?».

 

Secondo la dirigente vibonese una parziale soluzione al problema potrebbe essere offerta da una massiccia razionalizzazione della rete scolastica: «Non sto parlando di dimensionamento con perdita di autonomia degli Istituti, ma di razionalizzare l’uso degli edifici esistenti. Tante scuole nuove sono vuote, vere cattedrali nel deserto. Questo a causa di un campanilismo esasperato che spinge molte comunità a non voler dismettere i vecchi edifici di paese. Eppure sarebbe un modo per cominciare ad avere scuole più sicure».


Enrico De Girolamo