La titolare delle deleghe all'Università e all'Istruzione della giunta regionale si è completamente defilata. Eppure all’inizio di gennaio diceva: «I ragazzi devono tornare in classe». Ma di quanto promesso dalla Regione per un rientro in sicurezza si è visto ben poco, come un infermiere in ogni istituto
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Nell’infinito valzer dei corsi e ricorsi (non storici ma scolastici), delle dirette fb, degli appelli, c’è una figura che resta sullo sfondo. Un ospite timidamente riparato dietro una tenda del salotto, di cui si intravede solo il profilo teso verso l’uscita di sicurezza.
Mentre al centro della sala se le stanno dando di santa ragione avvocati e genitori, con una grinta degna delle migliori riunioni di condominio, l’assessore all’Istruzione della Regione Calabria, Sandra Savaglio, preferisce defilarsi dall’incontro di boxe più sanguinoso dopo quello Balboa-Drago.
I pionieri del ricorso
In principio fu Paola, Comune in provincia di Cosenza, ad aprire le danze dei ricorsi. Un gruppo di genitori passò dalle parole ai fatti, rivolgendosi al Tribunale amministrativo per riportare i figli a scuola. Un esempio che fece subito moda. A Rende, a una settimana dalla pausa natalizia, ci fu un altro ricorso, vinto anche stavolta, che riapriva le porte delle classi che, in molti casi, restarono tuttavia semideserte.
Spirlì ci ha riprovato a chiudere tutto e, nuovamente, con una celerità da Eddy Merckx, i giudici del Tar e del Consiglio di Stato hanno forzato il lucchetto del presidente ff che, nel corso dei mesi si è trasformato da combattente del fronte “liberazione della Calabria dalla zona rossa”, in militante della squadra “più Dad per tutti”.
Abbiamo fatto i compiti a casa?
Ma i dubbi rimangono sul lavoro fatto dai piani alti (Regione, Comuni) per dare ai bambini e ai ragazzi la possibilità di tornare in aula senza costringere le mamme a sgranare il rosario. Dire “priorità alla scuola” è un conto, ma i fatti sono un’altra cosa.
I fatti parlano di buchi tra il dire e il fare: dal mancato rafforzamento del personale (c’è sempre quella vecchia promessa di un infermiere in ogni scuola), all’assenza di depuratori dell’aria (a beneficio della classica finestra spalancata in combo con i termosifoni al massimo), dallo screening costante su alunni e docenti (non certo una tantum) alla didattica integrativa che, teoricamente, dovrebbe riempire i vuoti di eventuali quarantene anche per alunni di elementari e medie (ma qui ci vorrebbero realtà fantascientifiche tipo la fibra ottica nelle scuole, schermi hd).
A Milano depuratori fantascientifici, in Calabria finestre aperte
A Milano cercare soluzioni alternative non è fantascienza. In 52 istituti sono stati installati, in via sperimentale, depuratori in grado di disattivare la carica virale del Covid nel giro di mezz’ora e a costo zero. A Montevarchi il Comune hanno attinto dai fondi Covid per fornire tutte le aule di depuratori. A queste latitudini restiamo con le finestre aperte. I fondi sono forse finiti? Sono stati usati poco e male?
Un tacito dissenso
Gli interventi di Savaglio sul nodo scuola e Covid, si contano sulla punta delle dita. A settembre disse che era il momento di tornare tra i banchi, tutti insieme, senza differire lo start causa allestimento dei seggi («il 24 settembre, tutta l’Italia avrà i bambini e i ragazzi a scuola»). A inizio gennaio, fece chiaramente intendere che in sicurezza, gli studenti dovevano rientrare in classe («io credo che gli studenti dovrebbero tornare a lavorare il prima possibile»). Intanto, però, intorno a lei era già bufera piena, così anziché prendere posizione ufficialmente ha preferito restare ferma nell’occhio del ciclone (che è il punto di massima quiete del tornado).
Mentre Spirlì continua giornalmente a infiammare gli animi dei genitori contrari al rientro in classe, Savaglio non si pronuncia, neanche tramite i suoi canali social, forse per non entrare in conflitto con il presidente ff, ma la sua assenza pesa e si sente.
I ricorsi-dinamite
I genitori, in questi mesi, hanno scoperto una freccia affilatissima da incoccare all’occorrenza: il ricorso. Un po’ come la scoperta della dinamite di Nobel. Da quel momento nulla è stato più come prima, le opinioni sono diventate da emoticon, mine antiuomo.
Tra amicizie decennali consumate all’ombra dei gonfiabili e oggi frantumate dalla reciproca segnalazione degli account, e le minacce di denunce, la campanella è suonata e le squadre sono tutte al tappeto. Tutte. Sfinite.
Sono passati nove mesi dall’inizio dell’incubo Covid e sono stati fatti bandi e campagne per qualsiasi cosa: cene, viaggi, negozi, ristoranti, liberi professionisti, per la scuola poco o niente, nessuna analisi territorio per territorio, edificio per edificio, aula per aula. C’è chi ha fatto i compiti con i soldi che aveva in fondo cassa e li ha usati e chi campa cavallo.
Insomma è il caos ma senza stelle danzanti.