L’ex sindaco è intervenuto a Dentro la Notizia su LaC Tv rimarcando i motivi della sua strenua battaglia contro la normativa che disciplina la materia: «Non prevede il contraddittorio, impossibile difendersi». E ancora: «L’ingiustizia che ho subito ha salvato Mileto e Nicotera». L’8 gennaio il Tar decide sul ricorso
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Lo scioglimento degli enti locali per infiltrazione mafiose è stato al centro dell’approfondimento giornalistico “Dentro la notizia” andato in onda oggi su LaC Tv. Ospite di Pier Paolo Cambareri, l’ex sindaco di Tropea, Nino Macrì, colpito da un provvedimento del genere sette mesi fa.
Quello dello scioglimento dei Comuni per vicinanza alla criminalità è da tempo tema dibattuto e controverso ed in molti invocano una rivisitazione della legge, perché a farne le spese sono gli amministratori, ma «senza alcuna possibilità di difendersi».
Esordisce così, Macrì, sottolineando come abbia «metabolizzato per forza, ma mai accettato» lo scioglimento della sua amministrazione comunale.
Il Tar del Lazio intanto ha ordinato al ministero dell’Interno il deposito delle relazioni integrali (prive di omissis) della Commissione di accesso agli atti e di quella del prefetto di Vibo che hanno portato il 23 aprile allo scioglimento. È stata inoltre fissata per l’8 gennaio 2025 l’udienza per l’esame del ricorso presentato da Macrì insieme all’ex vicesindaco Scalfari e al consigliere Monteleone.
«Nella legge c’è un vulnus pericolosissimo per uno Stato di diritto»
«Non ho accettato quei fatti – spiega – alla luce delle cose lette nella relazione redatta dalla commissione d’accesso senza gli omissis. Chiarisco subito che non mi scaglio contro le istituzioni, e le difendo da servitore dello Stato nelle quali credo profondamente. Nell’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 c’è un vulnus pericolosissimo per lo stato di diritto, perché non fornisce regole. In questo caso lo Stato gioca a porta libera, senza offrire all’interessato, alla vittima di questa inquisizione, la possibilità di difendersi, spesso da cose che nemmeno conosce».
La mancanza di contraddittorio è quindi la battaglia intrapresa da Nino Macrì. «Se nella relazione gli inquisitori sostengono dei fatti facilmente smentibili senza che la controparte possa provare il contrario, quindi dimostrare che quelle cose sono il frutto di un travisamento, una mistificazione o addirittura un falso, lo Stato prende per buono quanto viene sostenuto. Di fronte a fatti gravi – prosegue Macrì – se non vi è contraddittorio, lo Stato non può fare altro che prenderne atto. A Tropea è accaduto questo».
«Lo scioglimento è quanto di più brutto possa accadere a un amministratore»
Appresa la notizia dell’assoluzione, l’ex sindaco di Tropea ha scritto a Marcello Manna, ex primo cittadino di Rende. «Ho manifestato a Manna, persona squisita, la mia vicinanza, ha vissuto un’esperienza simile alla mia prima di me. Lo scioglimento di un’amministrazione comunale è quanto di più brutto possa accadere a un essere umano. I contorni, i tentativi di annichilirti, senza che ci si possa difendere equivalgono a un’uccisione. Nel caso di Manna molto spesso si confondono i due livelli. Il primo riguarda l’indagine sfociata nel procedimento penale in cui Manna si è potuto difendere; il secondo riguarda il procedimento amministrativo di scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose, che costringe gli amministratori a difendersi arrampicandosi sugli specchi, brancolando nel buio perché non si conoscono le accuse. Per non dire quanto sia difficile accedere agli atti. Io sono stato tacciato di essere connivente, ma spero che la relazione che mi riguarda venga resa pubblica, perché all’interno sono riportate cose da romanzo kafkiano».
Peraltro, sottolinea ancora Nino Macrì, «lo scioglimento di Tropea ha influito su quelli paventati a Mileto e Nicotera. Al Ministero dell’Interno, evidentemente, è suonato un campanello d’allarme e hanno voluto vederci chiaro nelle relazioni, bocciando poi le proposte della Prefettura di Vibo Valentia».
«Mi sarei aspettato la solidarietà di Occhiuto»
Nel sottolineare poi «il momento di splendore» attraversato da Tropea nel corso della sua amministrazione «dopo un precedente commissariamento che l’aveva messa in ginocchio», Macrì non nasconde anche delle delusioni.
«Dopo sette mesi i miei amici di percorso ci sono e ci sono stati, qualcuno si è defilato ma non assegno a tutti la stessa colpa. Tanti sindaci mi sono stati vicini, anche esponenti della sinistra e la Cgil, che hanno riconosciuto il lavoro svolto. Mi sarei, però, aspettato delle esternazioni pubbliche da parte di esponenti del mio partito di primo piano, ma non ci sono state, anche nel tentativo di salvaguardare il gioiello Tropea. Mi sarei aspettato una parola dal presidente della Regione, mi spiace che una persona con cui ho condiviso un percorso non abbia speso una parola di apprezzamento per quanto fatto, nemmeno in privato. Certo, ognuno interpreta l’amicizia e la politica come meglio crede. Ma capisco anche quanto sia difficile esprimere pubblicamente solidarietà quando di mezzo ci sono presunti rapporti con la ‘ndrangheta che, nel mio caso, ho contrastato con azioni concrete che nella relazione non vengono nemmeno accennate come l’utilizzo dei beni confiscati, le demolizioni, le costituzioni in giudizio, il far crescere l’economia che è la misura che le mafie temono di più: creare benessere per la mia comunità, la provincia di Vibo Valentia e la Calabria».
«Giochiamo una partita senza regole»
«Adesso non resta altro che attendere l’udienza del ricorso. Affronto tutto con una certa positività – conclude Nino Macrì – perché sono fiducioso del lavoro svolto. Con i miei avvocati abbiamo confezionato un buon ricorso, presentando degli ottimi motivi, ma non mi faccio alcuna illusione perché giochiamo una partita senza regole».
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