«Io mi fido del procuratore Pierpaolo Bruni. Comprendo che arrivare in un procura con tanti problemi e poter magicamente modificare tutto è impossibile. Ma sicuramente ci saranno da fare dei controlli da parte di Bruni proprio all'interno della sua procura per capire di chi fidarsi e chi no, altrimenti non mi spiego questo immobilismo in funzione delle denunce che ho presentato». A pochi giorni dal polverone mediatico sollevato dal sindaco Ugo Vetere sull'immobilismo istituzionale del Tirreno cosentino, stavolta a insinuare dubbi è l'attivista politico Renato Bruno, fino a una settimana fa consigliere di minoranza al Comune di Scalea in rappresentanza del M5s. Il giovane, dopo tre anni di battaglie e denunce, ha rassegnato dimissioni irrevocabili per motivi personali, alimentati da una giustizia a suo dire poco giusta, che lo avrebbe demotivato e avrebbe reso vana ogni sua battaglia. Sarebbero stati resi vani anche tutti e tredici gli esposti presentati durante la sua consiliatura che, secondo la sua versione, sarebbero corredati alcuni da prove schiaccianti.

«Bruni deve sbrogliare una matassa troppo ingarbugliata»

«Sia ben chiaro - ha detto alla nostra redazione - i motivi che mi hanno spinto a lasciare l'incarico di consigliere comunale sono del tutto personali, ma sì, è vero, sono state tante le circostanze ad alimentare la mia decisione». La goccia che ha fatto traboccare il vaso è probabilmente l'episodio di presunta aggressione fisica e verbale ai suoi danni alla fine di una assise cittadina, da parte di due soggetti indirettamente travolti dalle sue denunce. E' lì che forse si è reso conto di come il gioco non valga la candela, perché alla fine chi denuncia viene descritto come un folle e quasi sempre viene tacciato di vittimismo. E alla fine lo Stato non c'è. «Servirebbe un libro per spiegare ciò che accade nel Comune di Scalea, altro che esposti, ma il procuratore Bruni non ha la bacchetta magica e si sta già occupando di troppe cose». Il magistrato crotonese ha ereditato una enorme mole di lavoro e ora sbrogliare la matassa degli inciuci e degli insabbiamenti di cui si ha il forte sospetto è un'impresa piuttosto ardua. E' stato lo stesso magistrato a consigliare all'allora consigliere comunale Bruno di mettere nero su bianco le anomalie e i ritardi da lui lamentati. «Ho querelato il sindaco di Scalea Gennaro Licursi per una frase nei miei riguardi, ma a distanza di due anni nessuno sa a che stato sia quel procedimento. Già che c'ero ho anche allegato tutte le altre denunce di cui non si conosce più nulla».

«Attività di denuncia del tutto inutile»

«Condivido in toto ciò che ha detto il sindaco di Santa Maria del Cedro negli ultimi giorni, non sai a chi rivolgerti per avere un minimo di giustizia. Cercano di farti passare la voglia di denunciare, è assurdo». E' un Renato Bruno inconsolabile quello che racconta la sua personale esperienza da attivista politico, che ripercorre mostrando un faldone di carte e documenti. «Per tutte queste denunce sono stato ascoltato solo una volta, ma anche in questo caso non so a che punto sia la vicenda». Di preciso cosa c'è scritto in quegli esposti? «Di tutto». C'è l'episodio della consegna di quintali di legna da parte di un dipendente comunale, avvenuta mediante mezzo comunale, a favore della madre di un soggetto ritenuto mafioso. C'è la denuncia della violazione dei sigilli da parte di alcuni imprenditori, che non solo avrebbero usato l'area di una sopraelevazione sequestrata, ma che starebbero effettuando altri lavori edili. C'è poi la questione parentopoli, comune a quasi tutti i municipi della costa. «Quando ho subito l'aggressione - spiega Bruno - ho spiegato agli inquirenti che la famiglia di uno di questi soggetti ha già incassato delle denunce relative a questa struttura alberghiera. Ci sono inoltre denunce relative a degli scarichi abusivi e un sequestro di una cava, elementi che non vengono presi in considerazione. Alle denunce non c'è mai una conseguenza, finiscono tutte nel dimenticatoio. Anche solo capire se io dico il vero o il falso sarebbe cosa gradita. Non indagano nemmeno su quello, nessuno mi ha chiamato per chiedere spiegazioni, per smentirmi o per dimostrare che io dica scemenze».

«Quello che ho visto là dentro fa davvero paura»

Renato Bruno è un fiume in piena. «In tre anni di consiliatura ho avuto modo di ricostruire i legami, le amicizie, i collegamenti, ho capito come si risolvono tutte le problematiche». Un esempio su tutti la questione dell'area mercato. «La costruzione è costata quasi il doppio del prezzo fissato al ribasso, è stata denunciata la costruzione di bagni abusivi e nonostante la conclusione dei lavori il mercato continua a svolgersi sulla strada. Eppure la caserma dei carabinieri è lì a qualche metro, le pattuglie hanno difficoltà ad uscire per la presenza di bancarelle sulla strada. Non si accorgono da soli che c'è uno stato di difficoltà?». Ma non è tutto: «Ho fatto presente che anche sulla gara d'appalto c'è qualcosa che non torna. All'interno della società che si è aggiudicata i lavori, c'era una persona interessata da un procedimento penale in fase dibattimentale per frode e truffa nelle pubbliche forniture, che, tra le altre cose, anziché fornire il casellario giudiziale e carichi pendenti, alla stazione unica appaltante ha presentato un'autocertificazione».

Gli intrecci familiari, le amicizie e le possibili protezioni

L'anno scorso ci fu una indagine della Guardia di Finanza che accertò una evasione di canoni demaniali da oltre due milioni di euro. Di 52 concessioni controllate, 25 erano di stabilimenti ricadenti nel territorio di Scalea. Quando Bruno, a controlli già espletati e suggellati da verbali, chiede di sapere tra queste se ci sia un'impresa morosa nei confronti dell'ente, quest'ultimo risponde che i controlli sono ancora in corso.

Poi c'è la questione delle strutture ricettive. Tra quelle del posto, ce n'è sicuramente una che non è in regola con i conti e secondo Bruno avrebbe debiti con l'ente comunale per svariati milioni di euro. Al suo interno lavora una società riconducibile al figlio di un amministratore comunale, mentre l'amministratore unico della società è un assessore, in più si ha notizia di un consigliere che vi avrebbe lavorato, addirittura in nero. «Si capisce a questo punto perché il recupero delle somme relativa ai tributi va così tanto per le lunghe». Peccato, perché il Comune è in predissesto finanziario a causa di 13 milioni di euro che mancherebbero all'appello dalle casse pubbliche e i milioni di euro non versati dalle varie strutture alberghiere, quattro milioni e mezzo sono quelli accertati in sole sette strutture, potrebbero tornare utili ai cittadini e al bilancio. Ma tutto tace e questa situazione infonde una profonda sfiducia nelle istituzioni, tanto che anche i caparbi come Renato Bruno, a un certo punto, sono costretti ad arrendersi. Forse.

 

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