Erika Scarfone ha 25 anni e la testa piena di sogni. Vive a Scalea con i genitori, studia filosofia e sogna di diventare insegnante perché vuole rendere il mondo un posto migliore, ma ultimamente ha un pensiero fisso che le sta togliendo il sonno: a 150 metri da casa sua sorgerà a breve un'antenna telefonica, tecnicamente chiamata "antenna radio di telefonia mobile". Niente di strano se non fosse che la giovane è portatrice di un defibrillatore cardiaco elettronico altamente sensibile ai campi magnetici. 

Qualche anno fa, infatti, ha scoperto di essere affetta dalla sindrome di Brugada, una patologia che, nei casi più gravi, provoca l'arresto cardiaco senza alcun preavviso. Per evitare che ciò accada, i medici le hanno impiantato un defibrillatore in grado di rilevare le anomalie del cuore e rianimare tempestivamente la paziente in caso di necessità. Ma affinché il dispositivo funzioni correttamente, bisogna seguire alla lettera alcune precauzioni. I portatori di defibrillatore cardiaco, come si legge nelle avvertenze del libretto di istruzioni, possono correre dei rischi anche sottoponendosi anche a una mammografia, a un'ecografia o ai raggi x, qualora questi esami diagnostici non vengano svolti in maniera opportuna. Tra le numerose raccomandazioni per ridurre al minimo la possibilità di interferenza con il dispositivo, vi è quella di evitare l'esposizione ai generatori di potenza, magneti, torri trasmittenti tv e radio e centrali elettriche e linee di alimentazione ad alta tensione. Ed ora che il potente traliccio ricetrasmittente sorgerà a pochi passa dalla cameretta in cui passa i pomeriggi a studiare, Erika ha tanta paura.

Nessun sondaggio tra la popolazione

Secondo quanto afferma la giovane studentessa, prima di decidere di installare la piattaforma telefonica in quel preciso punto, nessuno si sarebbe accertato della presenza in zona di portatori di dispositivi elettronici. E invece nei paraggi, oltre a lei, vivono anche due persone con il pacemaker impiantato in petto. «Non ho nulla contro l'antenna telefonica, anzi - specifica Erika - quello che mi preoccupa è la vicinanza, il fatto di dover vivere quotidianamente esposta a radiazioni elettromagnetiche. Il mio dispositivo potrebbe scaricarsi più rapidamente o, nel caso peggiore, smettere di funzionare». Circostanza che porterebbe a conseguenze gravissime. «Se io, malauguratamente, avessi un arresto cardiaco proprio in quel momento, per me non ci sarebbe scampo». Lei e la sua famiglia, che hanno portato la loro battaglia anche sui social, chiedono soltanto di avere notizie e dati più approfonditi e capire meglio quali siano i rischi concreti per la giovane. «Non voglio morire», dice Erika con gli occhi lucidi, mentre confida alle nostre telecamere l'angoscia di questi giorni.

Istituzioni assenti

Dopo aver appreso quasi per caso dell'antenna che sorgerà nei pressi di casa sua, Erika ha anche cercato di far presente la situazione alle istituzioni locali, le quali avevano assicurato di prendere in carico la questione e di prendere i dovuti provvedimenti nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno. Ma non è stato fatto nulla. «Se ne lavano le mani e, soprattutto, si scaricano le colpe tra di loro per stabilire chi doveva dare i consensi. Fatto sta che ad oggi è rimasto tutto immutato».