«A Reggio, negli anni ’90, c’era un comitato d’affari costituito da una parte della politica locale e nazionale e una parte di imprenditoria. C’era anche un sistema che riguardava persone legate a questi ambienti con ruoli diversi. Io l’ho combattuto, ho denunciato e sono stato isolato». Sono lontani i tempi in cui Alberto Sarra stava dentro palazzo Campanella da sottosegretario alla Regione. Sembra trascorsa un’eternità e di acqua sotto i ponti ne è passata davvero parecchia. Oggi, Sarra, accusato di essere parte della componente invisibile della ‘ndrangheta, ha lasciato la politica attiva da un pezzo e combatte con una patologia che lo costringe a vivere accompagnato da inseparabili medicine.

Venerdì si è presentato con largo anticipo all’udienza che ha decretato l’inizio del suo esame davanti al Tribunale di Reggio Calabria che sta celebrando il processo “Gotha”. È quello il luogo in cui si sta ricostruendo, con un lavoro enorme, una verità processuale che, inevitabilmente, va ad intrecciarsi a doppio filo con quella storia. E Sarra, degli anni presi in esame dal processo, fu protagonista indiscusso sulla scena politica. Non è un caso che gli occorrano due valigie piene di documenti che sistema con pazienza sull’angusto tavolo dei testimoni, ben prima che il collegio faccia il proprio ingresso. La tensione si avverte tutta in quel costante movimento teso ad allargare il colletto della camicia. Alberto Sarra, del resto, sa di giocarsi molto del suo futuro processuale con le risposte che fornirà al tribunale presieduto da Silvia Capone. L’accordo, per far in modo che la sua salute sia salvaguardata, è chiaro: tre ore al massimo di udienza e poi tutti a casa.

Le dichiarazioni di Sarra

Di fronte a Sarra c’è la scrivania del pubblico ministero. È il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo a condurre l’esame dell’imputato. Il magistrato arriva preceduto da una mole di carte che la dice lunga su quanto complesso sarà l’iter di questo esame. Una pila enorme di fogli che racchiude l’intero narrato che Sarra ha fatto davanti al pm dimostra plasticamente che le “chiacchierate” fra Lombardo e l’ex sottosegretario hanno prodotto materiale in abbondanza su cui lavorare. E non bisogna andare troppo lontano per ricordare quanto dirompenti furono le parole che Sarra rilasciò, quando iniziò a parlare degli anni del Modello Reggio.

Gli esordi: dall’azione cattolica al Movimento Sociale

La domanda del pm Lombardo porta Sarra agli esordi della sua carriera politica. Come iniziò tutto quanto? L’ex sottosegretario ricorda come il suo primo impegno politico fu quello alla II circoscrizione. Ma prima occorre fare una premessa: «Ero impegnato con l’azione cattolica ed avevo anche un incarico con il movimento dei popolari di Chiara Rubic. Ebbi un ruolo di responsabilità per tutto il Sud e ciò mi portò a contatto con gente come Giordani o l’onorevole Giorgio La Pira».

L’emozione è palpabile nelle parole di Sarra. Lo si capisce quando la voce si soffoca in gola, pronunciando quelle raccomandazioni del padre che gli chiese di non dar corso al suo impegno politico: «Lo misi a contatto con queste mie idee, alla fine si affacciò la possibilità di una candidatura alla circoscrizione». Sembra un computer, Alberto Sarra. Snocciola date e circostanze con precisione chirurgica. «Era il 13 dicembre 1992 quando mi candidai ed ottenni un primo risultato nella lista del Msi. Perché quella lista?». Qui inizia un lungo ragionamento sulle ragioni che lo portarono verso destra. Lui, cristiano attivo, lontano da quella che era la realtà dominante: la Dc. Una ragione che va ricercata nella crisi dei partiti tradizionali e nella voglia di avvicinarsi ad una realtà non sfiorata da “Mani pulite”. L’Msi, appunto.

Il primo approccio con Paolo Romeo

Qualche banco più indietro rispetto al pm, c’è Paolo Romeo, anche lui imputato al processo “Gotha”. Osserva Sarra con distacco nel suo consueto vestito elegante. Lo guarda, lo scruta. Ma la sua espressione è gelida. E, di Romeo, Sarra inizia a parlare quasi subito quando introduce il suo primo impegno politico. «C’era una situazione di ingovernabilità alla II circoscrizione e si rischiava lo scioglimento. Così si arrivò ad un accordo fra i partiti che prevedeva la turnazione della presidenza. Arrivato il turno del Psdi, il presidente non mantenne gli impegni e non si dimise allo scadere dei sei mesi. Il riferimento di quel partito era Paolo Romeo. Cercai di rivolgermi all’avvocato Romeo, ma non ottenni nulla, neppure un appuntamento. Iniziò allora un rapporto un po’ di contrasto all’interno della circoscrizione fra il nostro gruppo e quello social democratico. Alla fine ebbi l’elezione a presidente grazie all’adesione al mio gruppo di componenti ex».

Assessore commissariato

Nel 1994, Sarra fa il grande salto e decide di candidarsi al collegio 22 della Provincia, uno di quelli in cui più forte era l’aria di destra. Al vertice dell’amministrazione provinciale andò Umberto Pirilli, a seguito del ballottaggio. Sarra diventa consigliere provinciale. Il suo impegno – racconta – fu subito rivolto ad un’unica questione: la discarica di Pietrastorta. «Chi gestiva la discarica era la ditta di Santo Crucitti (ritenuto boss locale, ma assolto nel processo “Raccordo Sistema”) ed io sono riuscito, anche grazie ad una serie di occupazioni, ad ottenere la chiusura di questa discarica per una serie di irregolarità che denunciai: dal percolato alle esalazioni nocive. Riuscire ad ottenere quella chiusura mi diede grandissima popolarità. Ma, pur avendo avuto il primo quoziente utile, non ottenni alcun incarico, neppure quello di capogruppo».

 

Dopo un primo tempo con una giunta fatta tutta da esterni, le cose mutarono e per Sarra si aprirono le porte dell’assessorato con delega alla viabilità. Ben presto, però, le cose precipitarono: «Venne data la delega ad un capogruppo ed io fui, di fatto, commissariato. Ero un assessore soggetto a controllo. E questo provocò disorientamento sia all’interno che all’esterno. Anche i tecnici non sapevano più chi fosse il punto di riferimento. Ci fu una sfiducia, si volle limitare il mio ruolo». «Fu un segnale per Alberto Sarra?», chiede il pm. La risposta è laconica: «Sì». E poi un passaggio interessante su Scopelliti: «Avevo acquisito un ruolo di rilievo all’interno del partito, ma che era stato poi ridimensionato alla Provincia. Avevo anche un’amicizia che consideravo tale con Giuseppe Scopelliti che era presidente del Consiglio regionale in carica. Così come lo avevo con presidenti di associazioni sul territorio». Sarra ricorda come dentro la successiva Alleanza Nazionale il suo sostegno principale arrivava da Angela Napoli. «Era un fatto naturale, perché si iniziavano a definire le correnti di An».

Secondo Sarra, la ricostruzione del teste di pg Parrillo, che ha svolto parte dell’indagine “Mammasantissima” ha saltato una parte importante: quella delle elezioni comunali del 1997. «Quel periodo è una pietra miliare di ciò che avverrà dopo». Sarra delinea tutte le varie correnti: da quella di Gasparri e La Russa che ereditavano la forza di Tatarella e di cui faceva parte Giuseppe Valentino; fino a quella corrente che si riconosceva in Alemanno e Storace, come pure quella di Altero Matteoli e Adolfo Urso. A quest’ultima, secondo Sarra, faceva riferimento Pirilli che era in rapporti anche con altri esponenti del partito come Nania.

La rottura con Scopelliti e l’incontro con Zoccali

Per Sarra il 1997 è un anno importante perché è lì che si verifica la prima rottura con Giuseppe Scopelliti. «C’è una frattura poiché lui, da presidente del Consiglio comunale in carica, pur avendomi chiesto la disponibilità per scendere in campo, il giorno prima della presentazione delle liste mi avvisò che avrebbe sostenuto Lucio Dattola, espressione della Dc che faceva riferimento a politici come Quattrone. In questa fase si determina l’avvicinamento che caratterizzerà tutte le stagioni successive, fra Giuseppe Scopelliti e l’allora assessore al personale Franco Zoccali. L’avvocato inizia ad assumere dei ruoli anche all’interno della compagine della struttura che fa capo a Scopelliti all’interno del Consiglio regionale».

LEGGI ANCHE: L’accusa del pentito: «Scopelliti e Sarra incontrarono il boss De Stefano»

Da Zoccali a Cutrupi

Sarra passa in rassegna tutti i momenti più importanti della carriera politica di Zoccali. «Veniva dalla Democrazia cristiana. Credo fosse vicino alle posizioni di Quattrone ed anche all’onorevole Laganà di Locri. Aveva ricoperto, un po’ a sorpresa, l’incarico di assessore alla Provincia ed era espressione di questa componente della Dc. Qualcuno lo collegava alla figura dell’onorevole Romeo. Più che con lui, con cui i rapporti non saprei definirli in maniera compiuta, io credo che avesse rapporti che venivano da una comune militanza all’interno della Dc con una figura come quella del dottor Nicola Cutrupi, vice segretario generale». Sarra fa riferimento alle elezioni del 1997. «Non si può sottacere che Cutrupi nel 1995 si candida alla Regione nelle liste de Ccd, cioè una lista espressione della Dc ed è anche la lista nella quale poi si candiderà Antonio Caridi. Quando dico che non si può prescindere dalla valutazioni di tali elezioni è perché mi riferisco ad un episodio unico nella storia del Comune».

Sindaco come “anatra zoppa”

Il riferimento è all’elezione diretta del sindaco Falcomatà. «Ottiene sì la maggioranza dei voti, ma non la maggioranza consiliare. È eletto a furor di popolo, ma non può presentare un documento politico-programmatico perché non munito di maggioranza. Cosa succede in quel momento? Si affaccia sulla scena politica una compagina, un movimento che ha delle referenze nazionali. È Rinnovamento Italiano. Presenta un proprio candidato, che è un imprenditore della provincia di Cosenza, Fausto Aquino. Ottiene un risultato comunque significativo, tanto da entrare con due seggi.

Lui si dimette e in Consiglio entrano Giuseppe Falduto e l’avvocato Mario Giglio.
Chi sono i coordinatori regionali di Rinnovamento Italiano? Il dottore Cutrupi e l’ingegnere Idone». Qui, secondo Sarra, vi è qualcosa di non facile comprensione. «Che succede? Paolo Romeo è impegnato in quel periodo con il processo Olimpia e non è persona che partecipa direttamente alla competizione. Ha altri problemi. I consiglieri di Rinnovamento Italiano si spostano nella maggioranza e consentono al sindaco Falcomatà di governare, pur in assenza di una legittimazione popolare.

La nascita delle società miste  

«Intervengono così nella gestione delle nomine e maturano situazioni di rilievo perché parliamo di un periodo in cui vengono gestiti fatti come il Decreto Reggio e il pacchetto Colombo. Da qui prendono le mosse le società miste. Sui criteri si verifica uno scontro epocale all’interno dei partiti perché senza quei finanziamenti non avremmo avuto le società miste», chiarisce Sarra.

Il comitato d’affari a Reggio

È il momento in cui Sarra inizia a parlare di quel “comitato d’affari” che avrebbe gestito grande parte del potere a Reggio Calabria in quegli anni. Tutto parte da un plico che conteneva l’indicazione di nominativi legati da rapporti di parentela con persone protagoniste di quel periodo. È il progetto “Muse”, che prende il nome dalla società mandante della Echoterm, mandataria della Leonia, società successivamente interessata da infiltrazioni di tipo ‘ndranghetistico. «Io mi assunsi l’onere di iniziare quegli approfondimenti, salvo poi rimanere isolato. Fui nominato presidente della commissione d’inchiesta sul caso Muse. E sebbene possa apparire strano che una persona dell’opposizione fosse a capo di quella commissione, essa fu insediata dopo una battaglia durissima perché non venne consegnate le carte e i documenti.

Non fu semplice, perché dentro vi erano anche nomi e cognomi di persone legate a dirigenti, onorevoli, sindaco e persone interne al mio partito. Ci furono avvisi di garanzia per sindaco e presidente del Consiglio regionale, ma dentro vi stavano anche importanti espressioni della stampa dell’epoca. C’era una sinergia con situazioni border line, tanto che venni isolato all’interno del mio partito con poche eccezioni. In città venivo visto come una persona da evitare. Io ero visto come un presidio di legalità e ricevevo lettere ogni giorno, mi mettevano al corrente di situazioni al limite della legalità, che imponevano di agire con immediatezza».


Il racconto di Sarra si fa sempre più denso di elementi: «Ho denunciato questo comitato d’affari facendo nomi e cognomi. Vi era una parte della politica locale e una nazionale; una parte dell’imprenditoria nonché parte di questo sistema con persone legate ad ambienti vari con ruoli diversificati». Nell’elenco di personaggi ci sono “figli di”, “nipoti di”, “cognati di”, nonché vari professionisti della Reggio dell’epoca. «Ciò determinò una grande attenzione in città con articoli che ogni giorno ponevano la mia persona in antitesi rispetto a quella del sindaco». Sarra ne conserva ancora copia e mostra tutto al Tribunale. Con lui ha anche copia della denuncia presentata l’otto agosto del 1998. «Ebbi diversi incontri in procura, collaborai con il pm titolare del fascicolo e, su sua indicazione, anche con gli ufficiali di pg. Poi l’inchiesta venne avocata dalla procura generale. Ricordo che informai i vertici del partito, ma l’unica persona che mi fu vicina era Angela Napoli. Il partito inviò l’avvocato Valentino per convincermi a tenere una posizione meno radicale e più edulcorata sulla vicenda. Ci furono molte riunioni in cui ricevetti anche attacchi personali. Anche quando esposi la relazione in Consiglio rimasi da solo. C’era solo Franco Germanò».

La deposizione di Sarra s’interrompe qui. Le tre ore sono scadute e la fatica comincia a farsi sentire, anche a causa di una comprensibile emozione che, a sprazzi, gli leva il fiato. Ma il suo narrato, oltre ad avere come obiettivo quello di allontanare la sua figura da quella di Paolo Romeo, offre uno spaccato interessante e inedito della fine degli anni ’90 in riva allo Stretto. È solo l’inizio di un lungo percorso che certamente arriverà sino a pochi anni addietro. E, viste le premesse, c’è da scommettere che l’esame di Alberto Sarra riserverà ancora non poche sorprese.