«In Italia mancano oltre 53mila infermieri. In Calabria, rispetto al rapporto con il numero di medici (1:3) il dato è ancora più elevato: 4.024. Almeno la metà, 2mila circa, solo in provincia di Cosenza». Così Opi Cosenza - Ordine professione infermieristiche - scrive in una nota stampa.

 

«Siamo preoccupati ma, al tempo stesso, indignati per una situazione che definire drammatica è nulla rispetto alla realtà». Fausto Sposato, presidente dell’Ordine degli infermieri di Cosenza, non usa mezze misure.

 

«Il dato è clamoroso - scrive Sposato - considerato che nella nostra regione la percentuale di infermieri rispetto ai medici è di 1:1. Altra cosa è il rapporto infermieri-pazienti che in Europa è 1:6, in Italia 1:12 ed in Calabria 1:18. Ciò comporta, inevitabilmente, una percentuale altissima, il 20%, di mortalità. Siamo stanchi, esasperati e continuiamo a subire, per di più, aggressioni inqualificabili. Si individuino i responsabili, si chiarisca meglio il profilo professionale tra infermieri, operatori e volontari. Non sempre ciò che appare, poi è. Tutti noi infermieri siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità, laddove si sbaglia. Ma non possiamo più pagare per colpa di un sistema che è al collasso».

«Serve una riorganizzazione capillare ospedaliera»

Il presidente dell’Opi parla anche del demansionamento di alcuni colleghi e soprattutto della mancanza di organizzazione da parte del management e della politica: «Occorre garantire la normativa che compara gli orari di lavoro. Spesso la carenza di personale è tamponata con soluzioni che non dovrebbero essere considerate lecite, come quella di non assumerne altro, ma di utilizzare, per risparmiare, quello messo a disposizione da cooperative o con lavoro interinale, cosa che non aiuta né la professionalità del singolo, stressato e sottopagato, né il professionista numericamente insufficiente ad erogare un’assistenza di qualità ed un’assistenza specializzata», afferma.

 

Per Sposato «gli infermieri, con spirito di sacrificio e abnegazione, lavorano da una parte per la professione e, dall’altra, per dare sicurezza ai cittadini. Diventa necessario dunque seguire le linee guida, gli atti aziendali e pensare ad una riorganizzazione capillare ospedaliera. Soltanto in questo modo – la chiosa – la sanità calabrese e cosentina possono riabilitarsi e funzionare. Noi siamo stanchi e chiediamo con urgenza una inversione di tendenza che mortifica la professione e non va incontro alle esigenze, legittime, dei cittadini e dei pazienti».