Tra gli innumerevoli problemi che meritano l’attenzione del nuovo commissario alla santità, Guido Longo, ce n’è uno da cui deriva gran parte del disastro dell’intero settore e che rischia di mandare la Calabria nuovamente dietro la lavagna, in zona rossa. Un problema enorme (e costosissimo) che però appare appena in superficie, come una montagna sommersa di cui spunta dalla terra solo il cucuzzolo: la mancata digitalizzazione attraverso il Sistema informativo sanitario regionale (Sec-Sisr), grazie al quale tutto dovrebbe essere condivisibile in rete. Per questo network che in teoria dovrebbe archiviare, aggiornare e rendere immediatamente disponibile ogni dato, dai posti letto alle prestazioni ospedaliere, dalle buste paga dei dipendenti di Asp e ospedali all’anagrafica dei medicinali, dalla mobilità sanitaria attiva e passiva al fascicolo sanitario elettronico di ogni cittadino, si sono già spesi oltre 36 milioni di euro negli ultimi 7 anni. Eppure ancora non funziona, o per meglio dire funziona in maniera approssimativa e a macchia di leopardo, costringendo le aziende sanitarie di ogni provincia a spendere di tasca propria centinaia di migliaia di euro per l’acquisto di software gestionali “locali”, dunque non centralizzati, senza i quali tutto si bloccherebbe, a cominciare dagli adempimenti burocratici più banali, come quelli fiscali.

La nostra inchiesta

LaC News24 ha già scoperchiato questa pentola in altre occasioni, denunciando come la Calabria sia l’unica regionale italiana che ancora non può contare su un sistema informativo sanitario efficiente e funzionale, ma l’argomento è così complesso che in pochi riescono ad orientarsi in questa giungla di sigle e clientele, alimentate dallo “stato di necessità” in cui versano Asp e ospedali che non possono fare a meno, neppure per un momento, dei software gestionali.

L'emergenza Covid ha fatto esplodere il problema

Con la pandemia da Covid, però, la questione è diventata finalmente evidente. Se la Calabria è finita in zona rossa, infatti, non è per il numero di contagi, che da queste parti sono sempre stati tra i più bassi d’Italia, ma proprio per l’incompletezza dei dati che vengono forniti al ministero della Salute.

La bocciatura dell'Iss

Il concetto è stato ancora più chiaro quando, nei giorni scorsi, è stato diffuso il report settimanale dell’Istituto superiore di sanità, che ha annoverato la Calabria tra le regioni a rischio massimo «a titolo precauzionale», in quanto «non valutabile in modo attendibile per completezza dei dati». In altre parole, siccome la Regione non fornisce a Roma dati univoci e tempestivi sui posti letto disponibili, la sanità calabrese viene considerata di default ad alto rischio.

Tavolo Adduce inascoltato

Prima dell’Iss, a rilevarlo è stato il tavolo Adduce, l’organismo interministeriale che periodicamente valuta l’andamento del piano di rientro dal debito (stimato in oltre 200 milioni di euro) e contestualmente lo stato di “salute” della sanità calabrese attraverso l’esame dei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Nell’ultima riunione, quella dell’8 e 9 ottobre scorso, è stato messo a verbale che, nonostante le precedenti sollecitazioni, la struttura commissariale non ha inviato, come era stato richiesto, una «dettagliata relazione contenente la situazione aggiornata azienda per azienda del sistema di implementazione del Coan (la contabilità analitica) e del raccordo con il sistema informativo regionale Sec-Sisr». Insomma, l’ex commissario Saverio Cotticelli, quello dell’incredibile intervista concessa alla trasmissione Titolo V, non avrebbe mai fornito ragguagli sullo stato dell’arte della digitalizzazione della sanità calabrese. Incombenza che ora toccherà a Longo, visto che il verbale Adduce «ribadisce l’impegno».

Un esempio per capire

Se queste cose sembrano astratte o solo roba da impiegati pubblici smanettoni, un esempio tra i tanti servirà a capire quanto sia stretto e intrigato il nodo che il nuovo commissario dovrà sciogliere una volta per tutte.
Il mancato funzionamento del Sec-Sisr determina enormi lacune nell’anagrafica degli assistiti. Così, supponiamo che un calabrese vada a risiedere stabilmente in un’altra regione. Nel caso in cui abbia bisogno di assistenza sanitaria, il mancato aggiornamento dei dati farà risultare che è ancora residente in Calabria, al cui sistema sanitario, la Regione che ha erogato il servizio, chiederà di rimborsare le spese sostenute, anche se in realtà non sono dovute, perché, appunto, il paziente non risiede più nella sua regione di origine. Allo stesso modo, se ad esempio un lombardo viene assistito in una struttura calabrese, magari semplicemente perché durante una vacanza ha avuto bisogno di cure ospedaliere, può accadere che la Regione Calabria non chieda alla Regione del “forestiero” il rimborso delle spese sostenute, proprio a causa del mancato allineamento dei dati. 

Dati ancora inseriti a mano

Processi che dovrebbero avvenire in automatico attraverso il sistema informativo integrato, e che invece sono spesso affidati al caso e alla buona volontà dei singoli uffici, di frequente costretti a inserire manualmente i dati. Come accade, ad esempio, all’Asp di Cosenza, dove i dati relativi ai referti dei tamponi dei test Covid provenienti dal reparto di Virologia dell’Annunziata e dal laboratorio di Rossano, vengono caricati a mano su un file. Per cui non sempre, soprattutto in presenza di un alto numero di campioni processati, gli uffici riescono a completare l’inserimento delle statistiche nella piattaforma digitale da cui settimanalmente, l’Istituto Superiore di Sanità estrae i valori per elaborare l’indice Rt e stabilire in quale zona, rossa, arancione o gialla, debba essere ricompresa la Calabria.

Numeri ballerini

Stesso problema sorge un po’ ovunque con i modelli Hsp, che riguardano le anagrafiche di ricovero. Sempre il tavolo Adduce ha rilevato il mancato riallineamento di questi dati, situazione che impedisce, in parole povere, di sapere in tempo reale quanti sono i posti letto disponibili negli ospedali. Informazioni che assumono carattere prioritario in tempi di pandemia, perché soltanto attraverso la corretta rilevazione e il tempestivo invio di questi flussi di dati il ministero della Salute può avere un quadro chiaro della situazione in Calabria.
Non funzionando come dovrebbe il Sec-Sisr, al dirigente regionale Antonio Belcastro, in qualità di delegato dal soggetto attuare degli interventi per l’emergenza Covid (cioè il presidente della Regione), non resta che cercare di tenere il passo inserendo quotidianamente a mano i dati richiesti dal ministero, in particolare quelli relativi ai posti disponibili in terapia intensiva, pneumologia e malattie infettive che giungono dalle singole aziende sanitarie. Un meccanismo pieno di falle lontano anni luce da quella rivoluzione digitale mille volte annunciata e mai compiuta, nonostante le decine di milioni di euro già spesi.

La spada di Damocle di un nuovo lockdown

La conseguenza è una Regione sulla quale pende costantemente la spada di Damocle di un nuovo lockdown, anche quando in realtà dal Pollino allo Stretto la pandemia ha finora colpito meno duro di quanto non abbia fatto altrove in Italia.
Un vecchio dilemma filosofico elaborato nel ‘700 si basava su una domanda apparentemente paradossale: “Se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, fa rumore?”. La risposta era no, non fa rumore, perché è reale solo ciò che si percepisce. È quello che accade in Calabria, dove gli “alberi” cadono di continuo ma fin quando continueremo a non percepirli non faranno mai abbastanza rumore per esistere davvero.


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