Per anni il tavolo di verifica interministeriale che vigila sui conti della sanità calabrese ha continuato a scrivere che le somme erogate a titolo di indennità aggiuntiva alla task force veterinaria erano illegittime. Tuttavia, almeno dal 2011 e fino al 2019 il denaro è continuato ad essere corrisposto a cinque medici veterinari, dipendenti delle Aziende sanitarie di Crotone, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, ma comandati alla Regione Calabria.

Questa mattina l'operazione Artemide messa a segno dal nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro ha scritto la parola fine su un'inchiesta che va avanti da anni. Risultano indagati di abuso d’ufficio tutti e cinque i medici individuati dalla Regione Calabria per far parte della Task force veterinaria e oggi raggiunti da un decreto di sequestro preventivo. L’accusa è di aver indebitamente percepito, dal 2011 e fino al 2019, indennità stipendiali non dovute, in quanto per norma di legge l’incarico ricoperto non avrebbe dovuto comportare retribuzioni aggiuntive. 

Indagati anche l'ex commissario ad acta per il piano di rientro del debito sanitario della Calabria Massimo Scura, l'ex sub commissario Andrea Urbani - attuale componente della direzione generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute - e il coordinatore della task force veterinaria Pasquale Turno.

I nomi dei veterinari indagati

Si tratta di Fabio Arigoni, 60 anni, di Roccabernarda (Crotone), dirigente veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, destinatario di sequestro preventivo per 351mila e 93 euro; Gianluca Grandinetti, 58 anni, di Soveria Mannelli (Catanzaro), dirigente veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, destinatario di sequestro preventivo per 273mila e 664 euro; di Maurizio Anastasio, 63 anni, di Rende (Cosenza), dirigente veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, destinatario di sequestro preventivo per 323mila e 649 euro; Achille Straticò, 58 anni, di Bisignano (Cosenza), dipendente dell’Azienda sanitaria provinciale di cosenza, destinatario di sequestro preventivo per 86mila e 247 euro e di Giuseppe Loprete, 73 anni, di Marina di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), già dipendente dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, ora in quiescenza, destinatario di sequestro preventivo per 75mila e 529 euro.

Indagati anche Scura e Urbani

Le somme complessive messe sotto chiave ammontano a 1.019.579,05 euro ma oltre a notificare un decreto di sequestro preventivo nei confronti dei cinque veterinari, i finanzieri del nucleo di polizia economica finanziaria hanno anche notificato un avviso di  garanzia a Massimo Scura ex commissario per il piano di rientro in Calabria, ad Andrea Urbani ex sub commissario e a Pasquale Turno coordinatore della Task force veterinaria. L’accusa anche per loro è di abuso d’ufficio poiché avrebbero ratificato atti idonei e diretti in modo non equivoco a procurare intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale non solo coordinatore, Pasquale Turno, ma procurando un ingiusto vantaggio patrimoniale anche ai dirigenti veterinari componenti della task force. In particolare, ciò che si contesta è la violazione dell’art 20 della legge regionale 8/2003 nella parte in cui si dispone che laddove il dirigente generale del dipartimento Sanità disponga il temporaneo utilizzo di personale delle aziende sanitarie e ospedaliere, tale personale mantiene il trattamento economico in godimento presso le Asp di appartenza.

 

Il provvedimento è stato emesso dal Gip del Tribunale di Catanzaro, Giulio De Gregorio, su richiesta della Procura. Il provvedimento giunge al termine delle indagini condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro, sotto la direzione del sostituto procuratore, Chiara Bonfadini, con il coordinamento del procuratore aggiunto, Giancarlo Novelli e del procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri.

Percepite somme non dovute

Le investigazioni dei finanzieri hanno dimostrato che a partire dal 2011 e fino al 2019 i componenti della task force, pur essendo stati impiegati ai sensi della legge regionale 8/2003 - che prevede la possibilità di utilizzo dei dipendenti delle aziende sanitarie regionali senza oneri aggiuntivi - avevano indebitamente percepito, tre differenti emolumenti non dovuti. I pagamenti erano stati determinati con provvedimenti assunti dal coordinatore della task force medesima e dai vertici delle strutture commissariali per la sanità calabrese, nei cui confronti sono in corso ulteriori approfondimenti.

L'intervento del ministero della Salute

Tra l’altro, tali provvedimenti erano stati più volte censurati dalle strutture del ministero della Salute, deputate a vigilare sulla gestione commissariale, in quanto si trattava di una retribuzione forfettaria ragguagliata a 10 ore settimanali di prestazioni aggiuntive. Questa indennità, in particolare, secondo le strutture ministeriali era “priva di ogni fondamento giuridico”, in quanto veniva corrisposta indipendentemente dallo svolgimento effettivo delle prestazioni aggiuntive; rimborsi chilometrici per le trasferte dall’asp di appartenenza alla struttura regionale. Anche questi emolumenti non erano dovuti, perché i componenti della task force dovevano fisicamente operare proprio all’interno della cittadella regionale; compensi per ore di pronta disponibilità (reperibilità), che sarebbero astrattamente previsti solo per straordinarie e urgenti esigenze di servizio. Esigenze che, in concreto, non sono state riscontrate.

Il provvedimento del nuovo commissario

L’erogazione delle indennità era proseguita senza soluzione di continuità sino a quando, alla fine dello scorso anno, il commissario ad acta in carica, in seguito a una richiesta di documentazione avanzata in sede investigativa, le aveva revocate con suoi provvedimenti.