Non è soltanto la legge istitutiva di Azienda Zero ad essere finita nel mirino dei tavoli romani che vigilano sul piano di rientro sanitario. Certo, quella su cui dovrebbe far leva la riforma del sistema sanitario regionale fa registrare un alto tasso di intolleranza nella capitale ma a quanto pare l'Assemblea calabrese ha sfornato diverse norme che, secondo i tecnici del ministero della Salute e del Mef, si pongono in contrasto con il piano di rientro.

Al riparo da interferenze

Il problema, da quanto emerge nel verbale dell’ultima seduta interministeriale, era già stato sollevato nella precedente riunione. A novembre del 2022 si era fatta notare l’approvazione di altre quattro leggi in materia sanitaria che, nei fatti, sarebbe di esclusiva competenza del commissario ad acta. «L’operato del commissario ad acta deve essere messo al riparo da interferenze degli organi ordinari della regione» è quanto emerge dal verbale ma nel corso di quattro mesi l’anomalia non è stata sanata.

Leggi contestate

Le leggi contestate, oltre a quelle riferibili ad Azienda Zero, sono la 22 del 7 luglio 2022 recante “Misure per fronteggiare la situazione emergenziale sanitaria” poi impugnata dal Governo, la 33 del 21 ottobre 2022 con oggetto “Modalità di erogazione di medicinali cannabinoidi per finalità terapeutiche”, la legge regionale 35 del 21 ottobre 2022 in materia di accreditamento e la 37 del 24 ottobre 2022 contenente “Disposizioni straordinarie per assicurare i livelli essenziali di assistenza nel sistema sanitario regionale”, che in parte il Consiglio regionale ha sanato ma che continua a presentare «profili di criticità su cui la struttura commissariale non risulta essere intervenuta».

Maquillage legislativi 

Insomma, al 21 di marzo si registrava una sorta di inerzia ripetutamente censurata anche in riferimento ad ulteriori maquillage legislativi. Neanche a dirlo, nuove perplessità si addensano su Azienda Zero e su una legge regionale più recente (la n°8 del 24 febbraio 2023) che all’articolo 9 dispone l’assegnazione temporanea di personale dirigenziale.

Le selezioni commissariali

In estrema sintesi, la norma prevede che sia il commissario ad acta ad individuare, mediante interpello, profili professionali da destinare alla direzione di settori del dipartimento Tutela della Salute «quale articolazione amministrativa messa a disposizione del commissario ad acta, o di Azienda Zero» e che quest’ultima, inoltre, possa avvalersi di personale in utilizzo temporaneo dalla Regione, da aziende ed enti del servizio sanitario regionale.

Il ruolo del commissario

Il ragionamento non fila per i tecnici ministeriali. Il Consiglio regionale non può dare disposizioni al commissario ad acta così come il commissario ad acta non può produrre atti non previsti dal suo mandato. A titolo d’esempio, «esperire interpelli e selezionare personale per il dipartimento regionale che non dipende dal commissario ad acta ma dall’ente regione».

Contorsioni 

Anche le procedure di nomina appaiono abbastanza controverse: «Il personale sarebbe individuato dal commissario ad acta e successivamente nominato dal direttore del dipartimento regionale che non dipende dal commissario ad acta». Insomma, un guazzabuglio che per i tecnici ministeriali è «nuovamente» il frutto di «una confusione, ovvero sovrapposizione dei ruoli tra commissario ad acta e presidente della Regione, probabilmente derivante dalla coincidenza dei ruoli nella stessa persona fisica, già più volte evidenziata».

Il perimetro della legge

I due ministeri portano alla memoria una sentenza della Corte Costituzionale che recita: «È all’interno del perimetro indicato dalla legge e dal mandato commissariale che si può muovere l’operato del commissario». L’accusa mossa sembra essere proprio quella di un eccessivo sconfinamento e quasi scontata arriva la conclusione del tavolo di verifica che suona come un sinistro avvertimento: «I tavoli ricordano che la rimozione di provvedimenti regionali in contrasto con il piano di rientro costituisce uno dei punti del mandato commissariale».

Poteri sostitutivi

E subito dopo un nuovo monito per il presidente-commissario veicolato attraverso una legge del 2009 (la 191 del 23 dicembre): «Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta le necessarie misure, anche normative, per il superamento degli ostacoli».