Respinto il ricorso proposto dall'ex amministrazione guidata da Valerioti. Per i giudici è plausibile «l'ipotesi quanto meno di una soggezione di amministratori o di dipendenti comunali rispetto a certe logiche»
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Nessuna illegittimità negli atti che alla fine del 2019 portarono allo scioglimento del Comune di San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria, per presunte forme d'ingerenza della criminalità organizzata che avrebbero esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell'attività comunale. L'ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall'ex Amministrazione pre-aspromontana, con in testa l'ex sindaco Salvatore Valerioti.
I giudici hanno ritenuto che «la Prefettura e, a seguire il Ministero dell'Interno, hanno ricostruito con sufficiente chiarezza e precisione un quadro indiziario dell'esistenza di un forte condizionamento della locale criminalità organizzata sull'amministrazione che le censure dei ricorrenti non sono in grado di scalfire, anche tenuto conto che molte di esse sono generiche, per espressa ammissione degli esponenti e non risultano essere state meglio specificate e articolate pur dopo aver preso visione degli atti riservati in versione integrale».
Credibili, per il Tar, sono le valutazioni dei fatti contestati, i quali «rendono plausibile, nella concreta realtà di quel territorio e in base ai dati informativi acquisiti, l'ipotesi quanto meno di una soggezione di amministratori o di dipendenti comunali rispetto a certe logiche: situazioni che peraltro non si traducono necessariamente in comportamenti penalmente sanzionabili imputabili a singoli amministratori o dipendenti. Le censure dei ricorrenti non sono in grado di dimostrare che la presenza delle organizzazioni criminali citate non abbia gravato sulla vita sociale e politica della comunità».
Dal quadro indiziario raccolto in sede d'indagine - sempre secondo i giudici amministrativi «è emerso un generale stato di precaria funzionalità dell'Ente che i rilievi dei ricorrenti non sono riusciti altrimenti a spiegare, venendo in luce una legalità 'debole', in un contesto caratterizzato dalla pervasiva presenza della malavita organizzata».
Dall'esame complessivo di tutte le circostanze evidenziate nel provvedimento contestato «è possibile ricavare la ragionevolezza della ricostruzione del quadro di condizionamento 'ndranghetista, assunto nel caso di specie come presupposto per lo scioglimento dell'organo consiliare»; e non rileva «la censura per cui la relazione prefettizia non avrebbe valorizzato l'attività positiva posta in essere dall'amministrazione disciolta, atteso che si tratta di elementi fattuali che non sono in grado di smentire la rilevanza e la significatività dei molti altri elementi, indicativi dei condizionamenti subiti dalla disciolta amministrazione comunale».