Il ministro dell’Interno non vuole più extracomunitari «che escono alle 8 di mattina e tornano alle 10 di sera» ma non sembra fare differenza tra le strutture di tipo detentivo e i centri di accoglienza per i richiedenti asilo
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Il governo realizzerà dei Centri per i rimpatri «chiusi affinché la gente non vada a spasso per le città». Lo ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini ai cronisti in Transatlantico, sottolineando che «la gente non vuole avere dei punti dove uno esce alle 8 della mattina, rientra alle 10 la sera e durante il giorno non si sa cosa fa e fa casino».
Quanto alle possibili opposizioni delle Regioni alla realizzazione dei Centri, Salvini ha detto di aver già parlato «con tutti i governatori leghisti che non vedono l'ora di avere Centri chiusi». E a chi gli fa notare che si tratta di prigioni a cielo aperto, risponde: «Sono dei centri per i rimpatri - ha risposto Salvini - e se qualcuno è trovato in possesso di documenti falsi o senza documenti, prima di espellerlo dobbiamo capire chi è e da dove viene».
C’è però da ricordare che i Cpr, cioè i Centri di permanenza per i rimpatri, introdotti dalla riforma Minniti in sostituzione dei vecchi Cie della Bossi-Fini, sono già strutture chiuse e militarizzate, con filo spinato e accessi sottoposti a vigilanza. Non si comprende, dunque, a cosa si riferisca di preciso il ministro Salvini, soprattutto quando allude a «chi se ne va in giro durante il giorno».
Ipotizzare, una sorta di regime detentivo da istaurare in tutti i centri di accoglienza presenti sul territorio nazionale, anche quelli per i richiedenti asilo come i Cara, sarebbe irrealizzabile perché trasformerebbe l’Italia in una succursale delle prigioni libiche, oltre a violare le norme Ue in materia.