VIDEO | Anche il fratello del giudice Paolo Borsellino ha aderito all’iniziativa “Tutti insieme con Gratteri” del prossimo 18 gennaio davanti alla Procura di Catanzaro per dare sostegno ai magistrati e alle forze dell’ordine impegnati nel contrasto alla ‘ndrangheta
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«Al Procuratore Gratteri va la mia gratitudine per quello che sta facendo e riprendendo una parola che ho inserito nella mia agenda rossa: Resistenza, resistenza, resistenza! Bisogna resistere perché alla fine vinceremo».
È con questo messaggio che Salvatore Borsellino si rivolge al Procuratore Nicola Gratteri per esprimergli la sua vicinanza e solidarietà. Il fratello di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso in via D’Amelio da Cosa Nostra, non potrà essere presente alla manifestazione di Catanzaro il prossimo 18 gennaio, a sostegno del procuratore, ma ci tiene ad essere inserito tra i sostenitori insieme al Movimento delle Agende rosse (per i dettagli LEGGI QUI).
Perché ha deciso di aderire all’iniziativa del Comitato spontaneo “Tutti insieme con Gratteri”?
«Ritengo sia indispensabile ed un dovere di tutti i cittadini far sentire il nostro sostegno a questo magistrato che coraggiosamente sta conducendo la sua battaglia. Quello del magistrato è un lavoro molto solitario. Ricordo quando mio fratello Paolo, commemorando Giovanni Falcone nel trigesimo del suo assassinio, raccontò di quando, entrando nella sua stanza, egli gli disse: "Paolo, la gente fa il tifo per noi". Ecco, questi magistrati a rischio, questi magistrati che combattono in prima linea, hanno bisogno di sentire il sostegno della gente. Ed io credo che Gratteri meriti questo supporto».
Uno dei motti di questa manifestazione è proprio “Non lasciamoli soli”. Può spiegarci come venne vissuto questo isolamento da suo fratello?
«Io ricordo la solitudine in cui hanno vissuto sia Paolo che Giovanni, quando dopo il maxiprocesso si iniziò a smontare il pool e cominciò la delegittimazione. Addirittura Giovanni fu accusato di essersi preparato da solo l’attentato dell’Addaura. In un lavoro così duro e così solitario, come quello dei magistrati, credo che l’appoggio della gente sia fondamentale. Purtroppo si sta verificando con Gratteri quello che è accaduto con Paolo e Giovanni quando non solo furono lasciati soli, ma ricevettero accuse da ogni parte. Per Paolo, per esempio, pesarono tantissimo le accuse di carrierismo da parte di Leonardo Sciascia».
Cosa si sente di dire a quanti parteciperanno alla manifestazione e a chi, invece, ha rivolto delle accuse al procuratore Gratteri?
«Quando stavo creando il movimento delle Agende rosse, mi dicevano: “Ma tu con un cucchiaino vuoi svuotare il mare”? Ed io rispondevo: “Se ci sarà solo il mio cucchiaino ci vorranno milioni di anni, ma se i cucchiaini saranno milioni, gli anni saranno molti, ma molti di meno per riuscire a raggiungere l’obiettivo”. È indispensabile che ciascuno di noi faccia la propria parte a dispetto di un sistema che invece nasconde le informazioni, perché è vergognoso come la stampa nazionale abbia quasi completamente occultato la notizia dell’indagine “Rinascita-Scott”, un’indagine fondamentale perché oggi la ‘ndrangheta è, a mio avviso, anche più pericolosa di quanto era Cosa nostra nel ’92, perché ormai ha pervaso tutto l’organismo del nostro Paese e si è globalizzata. Per quanto riguarda invece le accuse, come quelle del procuratore generale Lupacchini, io ritengo che le sue affermazioni siano state molto gravi».
Insieme a lei anche tutto il Movimento delle Agende rosse ha aderito al Comitato
«Sì, ma mi rammarico però di non poter essere presente, perché stiamo organizzando una manifestazione per ricordare Paolo nel giorno del suo compleanno. Lo abbiamo sempre fatto nel giorno della sua morte, il 19 luglio, ma mio fratello continua a vivere nel cuore di molti e dei tanti che combattiamo per avere finalmente giustizia e verità. Non possiamo partecipare, ma Gratteri lo avremo nel cuore comunque».
A distanza di quasi 28 anni dalla strage, crede che si possa giungere finalmente alla verità per l’assassinio di suo fratello?
«La speranza non la lascerò mai morire. Sono fiducioso perché negli ultimi processi a Palermo e a Caltanissetta, finalmente, dopo anni di depistaggi, c’è stata una svolta. La strada però sarà sicuramente ancora lunga e difficile da percorrere perché sono stati posti dei macigni, soprattutto da parte delle alte istituzioni del nostro Stato. Io purtroppo ho un’età che non mi consentirà di riuscire a percorrerla tutta questa strada, però non importa. Io so che ci sono tanti giovani in Italia che hanno pezzi di Paolo nel cuore e per questa scintilla so che continueranno a combattere e sono sicuro che, almeno loro, conosceranno la verità, non soltanto storica, ma soprattutto processuale».
Daniela Amatruda