Era stato arrestato a gennaio nell'ambito dell'inchiesta Faust. Dimissioni anche da parte di dieci consiglieri di maggioranza. «Spero che i 4 anni alla guida della città non si disperdano»
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Il sindaco di Rosarno Giuseppe Idà si è dimesso insieme ai dieci consiglieri di maggioranza del Comune. Proprio ieri, a Idà il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha revocato gli arresti domiciliari sostituendola con il divieto di dimora a Rosarno.
Idà, difeso dagli avvocati Armando Veneto e Giuseppe Martino, era stato arrestato a gennaio nell'ambito dell'inchiesta "Faust" coordinata dalla Dda con l'accusa di avere accettato la promessa di voti dalla cosca Pisano in cambio dell'assegnazione al consigliere comunale Domenico Scriva, dell'assessorato ai lavori pubblici o, comunque, dell'attribuzione di un altro incarico di prestigio.
«Pur nella consapevolezza della mia assoluta estraneità ai fatti indecorosi che mi vengono contestati - ha scritto Idà nella lettera di dimissioni - ritengo opportuno che la cittadinanza sappia che ho interpretato il ruolo di sindaco con abnegazione, con generosità e con sacrificio; e non ho mai, in nessun momento ed in nessuna circostanza, perseguito interessi diversi da quelli del bene pubblico, insieme ai consiglieri ed assessori che mi hanno accompagnato in questa esperienza amministrativa; ad essi sento di dovere esprimere sentimenti di gratitudine in queste drammatiche ore».
Idà afferma quindi di voler tornare alla sua vita ed ai suoi affetti «che per troppo tempo ho trascurato nel tentativo di 'Cambiare' in meglio il nostro territorio. Auspico comunque che i 4 anni trascorsi alla guida della città, sempre all'insegna della legalità e dell'interesse pubblico, non si disperdano a causa di questo terribile 'incidente'. L'unico rammarico è quello di chi è stato ingiustamente privato della libertà per la sola 'colpa' di essersi impegnato per il proprio 'Paese'. Molto è stato fatto, ancora tanto rimane da fare; confido che anche la mia vicenda possa smuovere le coscienze delle tante persone che ancora stanno ai margini della vita pubblica e che hanno il dovere di impegnarsi per evitare che la nostra Calabria torni ad essere un luogo senza speranza».