Le consorterie criminali Iamonte e Paviglianiti, operanti nei comuni di Melito di Porto Salvo, San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri, avevano, tra le altre cose, messo le mani sul business della raccolta della spazzatura. E per fare questo si erano legati all’imprenditore Rosario Azzarà, imprenditore operante nel settore dei rifiuti con la passione per la politica, titolare della ditta “Ased srl” con sede a Melito Porto Salvo.


Il remunerativo settore della raccolta rifiuti si fondava su un meccanismo di aggiudicazione degli appalti sulla scorta del quale alcune società, riunitesi in un cartello di imprese, sono riuscite a creare di fatto un regime di monopolio, forti del sostegno derivante dalla criminalità organizzata locale.

 

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«Ne sono prova – si legge nell’ordinanza - i rapporti intrattenuti da Azzarà, a cui si contesta il concorso esterno in associazione mafiosa, con esponenti di primo piano della cosca “Iamonte”, egemone nel comprensorio di Melito Porto Salvo, che hanno reso possibile, nel corso degli anni, il consolidamento in posizione leaderistica della propria azienda. L’Ased di Azzarà, inoltre, ormai affermatasi nel basso ionico reggino, avvalendosi della collaborazione di imprenditori di pari spessore criminale e spregiudicatezza, sarebbe riuscita ad affermarsi anche nei comuni dell’area tirrenica, forte dell’appoggio di Carmelo Ciconte, già amministratore unico della RA.DI.srl,, e dell’alto ionio reggino, tramite la ZETAEMME sas di Maria Rosa Strati, società che è emerso essere riconducibile a Giuseppe Saverio Zoccoli». Il regime di monopolio instaurato da Ased, insomma è risultato essere «frutto dell’appoggio garantito dalle organizzazioni mafiose che condizionando l’azione amministrativa degli enti locali, sono riuscite a far aggiudicare gli appalti per il conferimento del servizio di raccolta e trasporto rifiuti all’azienda di Azzarà».

 


I "favori" alla cosca - Di contro, l’imprenditore ricompensa la cosca «assumendo in azienda il personale segnalatogli oppure, come accertato in alcune circostanze, contribuendo alle spese legali cui i familiari degli affiliati detenuti devono far fronte». Lo stesso ha dovuto giustificare la sottrazione di cinquemila euro dai fondi aziendali in quanto «corrisposti alla cosca Iamonte: dall’analisi combinata di intercettazioni telefoniche e ambientali si è potuto acclarare come per giustificare la fuoriuscita della somma di denaro destinata agli affiliati

(Rosario Azzarà)

detenuti, Azzarà abbia fatto ricorso alla complicità, più o meno consapevole, del personale dipendente».

 

Dalle più recenti acquisizioni investigative si è appreso altresì che Azzarà, risultato essere diretta espressione imprenditoriale della cosca Iamonte, nel momento in cui si “insedia” nel territorio di competenza di un’altra cosca, quella dei Paviglianiti, sia comunque tenuto a pagare dazio. Azzarà, al pari degli altri imprenditori che intervengono nella realizzazione dello stabilimento Ased di contrada Agrifa di San Lorenzo, deve rendere conto alla cosca territorialmente egemone: l’azione estorsiva assume le forme più svariate, dall’imposizione delle forniture e delle assunzioni fino all’esplicita richiesta di esborso di denaro.

 

In sintesi, da «un lato i patti corruttivi siglati con gli amministratori infedeli, sotto l’egida di significative entrature nel mondo politico, dall’altro le alleanze strette con le cosche mafiose rappresentano gli ingredienti del successo imprenditoriale di Rosario Azzarà, con importanti ricadute in termini di rafforzamento – economico e sociale – della cosca Iamonte».

 

Nel corso dell’attività investigativa è stata documentata l’esistenza di una vera e propria organizzazione che annovera tra i propri fini le turbative d’asta, con particolare riferimento al remunerativo settore dei rifiuti, in cui Azzarà, «forte del sostegno derivato dalle cosche mafiose e degli ottimi rapporti tessuti con gli amministratori pubblici, è in grado di condizionare il regolare svolgimento delle gare d’appalto».