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È stata fissata per il prossimo 23 maggio l'udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza di Milano sulla richiesta della Procura di applicare la misura di sicurezza detentiva della "casa di lavoro", assimilabile al carcere, per Rocco Papalia, definito il 'padrino' di Buccinasco (Milano), considerato uno dei più importanti capi della 'ndrangheta al nord e scarcerato un anno fa, dopo 26 anni di detenzione.
Il pm del dipartimento esecuzione pena, Adriana Blasco, infatti, nelle scorse settimane nella sua istanza ha sostenuto che per Papalia non basta il regime di libertà vigilata (è tornato a casa e deve seguire una serie di prescrizioni), dopo l'uscita dal carcere, ma deve andare in una 'casa di lavoro', ossia una delle strutture per "internati" assimilabile al carcere. Il pm nell'istanza aveva fatto riferimento anche agli insulti che il boss avrebbe rivolto il 21 marzo scorso ad alcuni giornalisti.
Quel giorno la Giunta comunale di Buccinasco si era riunita nella parte confiscata dalla villetta di Papalia e il boss urlò contro i cronisti «la 'ndrangheta siete voi». Il pm ha segnalato anche che Papalia, che ha la patente revocata, era stato fermato alla guida dell'auto della moglie. Il boss, difeso dai legali Ambra Giovene e Annarita Franchi, pur avendo riportato una condanna a 30 anni per un omicidio negli anni '70 e altre condanne per un cumulo pene di oltre 100 anni, era stato scarcerato con l'applicazione di una serie di benefici di legge. Il pm Blasco già nei mesi scorsi aveva chiesto che venisse dichiarato per lui lo stato di "delinquenza abituale" e che fosse trasferito in una 'casa di lavoro', ma il giudice della Sorveglianza Bruna Corbo aveva rigettato l'istanza.
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