L'ex primo cittadino di Riace nell'udienza odierna ha fornito la sua versione dei fatti: «Prima mi hanno chiamato per chiedere disponibilità ad ospitare gli immigrati, poi mi hanno messo sotto processo»
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Nuove dichiarazioni spontanee di Mimmo Lucano al processo “Xenia” che lo vede alla sbarra insieme ad altri 25 imputati per associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sulla gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati. L’ex primo cittadino di Riace ha preso la parola oggi pomeriggio al tribunale di Locri nel corso dell’udienza del dibattimento per fornire la sua versione dei fatti in merito alle accuse mosse dalla Procura nei suoi confronti. «Sono stato utilizzato dallo Stato – ha riferito in aula - Prima mi hanno chiamato per chiedere disponibilità ad ospitare gli immigrati, poi mi hanno messo sotto processo. Se avessi detto no alle richiesta di aiuto, probabilmente adesso non mi troverei qui a difendermi da queste accuse».
Secondo l’impianto della Procura locrese Lucano aveva come unico interesse il consenso politico. «Credo di essere stato un buon sindaco – ha affermato – avrei potuto candidarmi alle elezioni europee come capolista in tutti i collegi, ma ho rinunciato, proprio perché non nutrivo alcuna ambizione politica, né mi interessava entrare in minoranza nel consiglio comunale. Ho sempre lavorato e agito per un ideale. Il modello Riace era un’occasione per creare economia in un contesto di povertà e difficoltà, e gli stessi rifugiati erano soggetti attivi di questa economia positiva».
Il processo riprenderà il prossimo 26 novembre con la prosecuzione dell’esame del colonnello della Guardia di Finanza Nicola Sportelli, teste chiave dell’accusa.