Il collaboratore di giustizia ha spiegato al Tribunale collegiale di Vibo Valentia di aver fatto parte del clan Anello-Fruci. Al tempo stesso ha delineato le strategie messe in piedi dalla consorteria nonchè i ruoli di Mantella e Scrugli
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Collaboratore di giustizia dall’aprile del 2006, è stata oggi la volta di Francesco Michienzi di Acconia di Curinga nel maxi-processo Rinascita-Scott. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, ha spiegato al Tribunale collegiale di Vibo Valentia di aver fatto parte del clan Anello-Fruci attivo a Filadelfia, Acconia, San Pietro a Maida e altre zone del bacino dell’Angitola.
Le parole di Michienzi
“Non mi stavano più bene alcune dinamiche del clan ed in particolare l’omicidio di Santo Panzarella, un ragazzo ucciso barbaramente dagli Anello-Fruci. Ho fatto parte del clan Anello-Fruci sin dal 1997 ed ho iniziato a fare i primi furti di auto insieme a Massimo Gugliotta, un cugino degli Anello.
I fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci ci dissero, tuttavia, che per fare tali furti bisognava chiedere il permesso degli Anello il cui vertice era costituito dai fratelli Rocco e Tommaso Anello che quando erano detenuti delegavano i Fruci. Come clan eravamo inizialmente collegati ai Torcasio di Lamezia Terme, ma dopo le operazioni antimafia denominate Tabula Rasa e Prima, abbiamo iniziato ad agire in simbiosi con la cosca Bonavota di Sant’Onofrio”.
Quindi i soggetti del clan Bonavota conosciuti da Michienzi ed i nominativi ricordati in aula. “Domenico Bonavota mi è stato presentato dall’imprenditore Vito Santacroce, mentre Francesco Fortuna e Onofrio Barbieri li ho conosciuti nel 2001 a casa di Rocco Anello mentre quest’ultimo si trovava agli arresti domiciliari. Francesco Fortuna era il personaggio più importante del clan dopo i fratelli Bonavota, capace di riscuotere direttamente le estorsioni, come quella ritirata dall’imprenditore Facciolo nel villaggio Garden Resort dove io all’epoca lavoravo, e anche di recarsi a parlare con il boss delle Serre Damiano Vallelunga. Del clan Bonavota ho poi conosciuto Domenico Cugliari, detto Micu i Mela, zio dei Bonavota, Carlo Pezzo, Antonio Patania, Salvatore Bonavota, Nicola Bonavota”.
Il clan Bonavota in un dato arco temporale avrebbe quindi stretto una solida alleanza con il clan Anello di Filadelfia e poi con Andrea Mantella e Francesco Scrugli “che mi furono presentati in campagna a Sant’Onofrio – ha ricordato Michienzi – da Domenico Bonavota che li indicò come due cristianuni e come persone azioniste, che sapevano cioè sparare e commettere omicidi”.
L’omicidio Cracolici a Pizzo
Sarebbe stato proprio Francesco Michienzi a custodire uno dei fucili usati nel maggio del 2004 per uccidere Raffaele Cracolici a Pizzo Calabro, con l’arma che gli sarebbe stata consegnata da Onofrio Barbieri. “Siamo stati io e Vincenzino Fruci ad indicare a Domenico Bonavota, Francesco Fortuna, Andrea Mantella e Francesco Scrugli il luogo rialzato dal quale, con l’uso di un binocolo, siamo riusciti a spiare i movimenti di Raffaele Cracolici nei pressi della strada Statale di Pizzo. In precedenza – ha riferito Michienzi – Domenico Bonavota mi aveva dato l’incarico di pedinare Raffaele Cracolici. Domenico Bonavota lo voleva morto per estendere gli affari della sua cosca anche sulla zona industriale di Maierato e il via libera a tale omicidio venne dato pure dagli Anello e dai Vallelunga. Io in precedenza avevo conosciuto Domenico Cracolici, figlio di Raffaele Cracolici, che mi era stato presentato insieme ad Angelo Andracchi ed avevo insegnato loro a rubare le auto”.
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