Toni accesi nel corso del controesame del collaboratore Andrea Mantella da parte del legale di Mario De Rito che ha un battibecco anche con un collega
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“Scintille” in aula nel corso del maxiprocesso Rinascita Scott fra l’avvocato Alessandro Diddi (difensore di Mario De Rito) e l’avvocato Diego Brancia (difensore di atri imputati), ma anche fra lo stesso Diddi e il pm Annamaria Frustaci. “Botta e risposta” pure fra l’avvocato Diddi e il procuratore Nicola Gratteri ed infine fra il legale ed il collaboratore Andrea Mantella.“Quello che sta succedendo in questa udienza – ha dichiarato in aula il pm Frustaci opponendosi ad una domanda rivolta dall’avvocato al collaboratore Mantella – non era mai successo. E’ un modo di fare che non si è mai visto e non ho mai assistito a nulla del genere”. Risposta dell’avvocato Diddi al pm: “Si abitui, pubblico ministero, perché l’esame è lungo”. Toni decisamente sopra le righe che la presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, Brigida Cavasino, ha tentato di contenere richiamando più volte l’avvocatoDiddi a formulare domande specifiche e pertinenti.
Ad opporsi ad alcune domande formulate da Alessandro Diddi al collaboratore Andrea Mantella sui rapporti intrattenuti da Mario De Rito con Enzo Barba, Bruno Barba e Raffaele Barba, detto Pino Presa, anche l’avvocato Diego Brancia.“Si tratta di un controesame esplorativo – ha affermato Brancia – che va a ledere altre posizioni processuali”.Ed ancora l’avvocato Brancia: “L’intervento dell’avvocato Diddi è estremamente dannoso e si fanno danni incontenibili con questo tipo di controesami. Si legga l’avvocato l’Arte del dubbio che trattano proprio questo modo di condurre i controesami. Formulo ulteriore opposizione rispetto a domande su temi non esplorati dal pm”. Di rimando l’avvocato Diddi: “L’avvocato Brancia legge molto ma capisce poco”. E’ a questo punto che l’avvocato Brancia ha ricordato al collega che esiste nel codice penale il “reato di diffamazione regolato dall’articolo 595 del codice penale. Non vorrei – ha dichiarato l’avvocato Brancia rivolgendosi al collega – scomodare il Consiglio di disciplina di Roma”. Tribunale, quindi, costretto nuovamente ad intervenire per invitare tutti a moderare i toni.
Ma siamo appena all’inizio. Intorno alle ore 14.00 ad opporsi ad una domanda dell’avvocato Diddi è direttamente il procuratore Nicola Gratteri, con il legale che quasi “rimprovera” il capo della Procura a non essere stato presente al resto del controesame. “Ritengo io quando devo entrare o meno in aula – ha ribattuto Gratteri all’avvocato Diddi – e non si deve proprio permettere, così come l’ufficio di Procura non si è mai permessa di dire ad un difensore quanto tempo è stato in aula”.
Passano altri dieci minuti e nuovo “scontro” in aula, questa volta con il pm Annamaria Frustraci che si è opposta ad un’ulteriore domanda del difensore ritenuta troppo generica. “Chiedo al Tribunale di ammonire il pubblico ministero – l’invito dell’avvocato Diddi rivolto ai giudici – perché fa opposizione fornendo una spiegazione alle mie domande. E’ un atteggiamento ostruzionistico e il pubblico ministero si oppone alla ricostruzione della verità”. Ferma la risposta del pubblico ministero Annamaria Frustaci: “Chiederò la trasmissione di questo verbale di udienza agli organismi competenti, non sto facendo alcun ostruzionismo ma mi sto opponendo a domande generiche dove addirittura si sta parlando di sociologia sulle estorsioni”. Anche la presidente del Tribunale, Brigida Cavasino, è stata costretta a richiamare l’avvocato Diddi che aveva invocato “rispetto per il lavoro dei difensori”. “Non insinui nessun atteggiamento ostruzionistico da parte del Tribunale – ha ricordato la presidente Cavasino – perché come ben sa alcune sue domande sono state ammesse nonostante l’opposizione del pubblico ministero, ma non sono consentiti questi toni e domande generiche su temigià esplorati, né siamo qui per fare continue polemiche o tavole rotonde”.
L’avvocato Diddi si è scusato con il Tribunale ma il “botta e risposta” con il pubblico ministero è andato avanti sino a fine udienza, con Andrea Mantella pure lui “sbottato” più volte nel corso del controesame e anche lui richiamato dal Tribunale. In mezzo a tutto ciò, il collaboratore ha ribadito che l’imputato Mario De Rito, “cognato di Salvatore Mantella e vicino a Giovanni Mancuso, era anche vicino a Salvatore Furlano, commesso nel negozio Giannini di abbigliamento a Vibo. Un negozio dove Mario De Rito si prendeva i vestiti con il 50% di sconto e dove un altro po’ – ha riferito Mantella – comandava più Salvatore Furlano che si dedicava pure all’usura”.