Il collaboratore di giustizia chiama in causa anche l’avvocato Pittelli e l’ex presidente della Regione. Le riunioni negli hotel ed il ruolo dei Mancuso
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Un “fiume in piena” Cosimo Virgiglio di Rosarno, commercialista ascoltato oggi nel maxiprocesso Rinascita-Scott contro i clan del Vibonese. Mafia e massoneria ad altissimo livello con la città di Vibo Valentia indicata come “l’epicentro della massoneria legale ed illegale”. Cosimo Virgiglio ha raccontato di essere entrato in massoneria a Messina attraverso il professore universitario Marcello Caratozzolo. Da lì una scalata inarrestabile nello logge che lo porterà a Roma ed a Vibo Valentia. “E’ stato il vecchio Domenico Piromalli di Gioia Tauro, fratello dei patriarchi Mommo e Peppino Piromalli, a venire una volta a Messina nello studio di Caratozzolo informandoci che da Palmi era stata avviata una grossa indagine contro la massoneria.
Era l’inchiesta di Agostino Cordova ed era Natale del 1992. Allora io e Caratozzolo ricordo che bruciammo tutti i documenti comprovanti il nostro inserimento nella massoneria. Da lì – ha affermato Virgiglio – il mio trasferimento a Roma dove conosco l’ambasciatore di San Marino Giacomo Maria Ugolini, uno dei personaggi più importanti della massoneria. Fu lui a dirmi di tornare in Calabria ed affiliarmi ad un’altra massoneria, quella rappresentata a Vibo Valentia dalla Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia retta dal gran maestro Giuseppe Francica, un professore. La sede era a palazzo Francica a Vibo Valentia in piazza Morelli”.
Cosimo Virgiglio non interrompe però i rapporti con Roma entrando anche nell’ordine del Santo Sepolcro il cui gran maestro sarebbe stato un vescovo e fra i personaggi di spicco aderenti il collaboratore ha indicato “Franco Sensi”. Quindi il ricordo di alcune date particolari, come l’anno 1993 quando i vertici mondiali della massoneria “fra cui Ugolini, Ligresti e Sensi – ha ricordato Virgiglio – decisero che i magistrati non dovevano mai più essere affiliati alla massoneria ufficiale perché si erano dimostrati inaffidabili dopo lo scandalo dell’inchiesta di Palmi. Al loro posto si decise che sarebbero stati gli avvocati a tenere i rapporti e ad essere affiliati. Fu in particolare l’imprenditore Elio Matacena a proporre di non fare entrare più ufficialmente i magistrati nelle logge. In ogni caso nel 1993 vennero creati i c.d. Sacrati sulla Spada, ovvero venne permesso a personaggi con precedenti penali e appartenenti alla criminalità organizzata di entrare riservatamente in massoneria attraverso logge coperte”.
La loggia di Tropea
È a questo punto dell’esame, condotto dal pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, che Cosimo Virgiglio ha svelato al Tribunale collegiale di Vibo Valentia l’esistenza di una particolare loggia coperta. Si chiamava “Amor di Patria” ed aveva il numero 1784. “La sua sede era a Tropea – ha spiegato il collaboratore – e ricomprendeva anche il territorio di Nicotera, Limbadi e Briatico. Ne faceva parte Giovanni Mancuso di Limbadi, detto Zi Giovanni, un tale Sangianiti della Guardia di finanza, un tale Schiavone. E’ stato Sangianiti a presentare Giovanni Mancuso ad Ugolini. Mancuso doveva riciclare del denaro sporco e di tale cosa si interessò Giacomo Ugolini per realizzare con tale denaro un centro per anziani a Paravati che doveva essere costruito dall’impresa Restuccia. Io ed altri massoni – ha aggiunto Virgiglio – avevamo chiesto la chiusura di tale loggia di Tropea in cui venivano convogliati i sacrati sulla spada, ma non siamo mai stati ascoltati”. Quindi l’idea di realizzare una loggia del Grande Oriente d’Italia anche a Limbadi, idea che venne bocciata, ma soprattutto il racconto di avvenimenti che pongono ancora una volta la città di Vibo Valentia sotto i “riflettori”.
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