Carabinieri e politici amici del clan, con frequentazioni e scambio di notizie. Emanuele Mancuso “vuota il sacco” e nel corso dell’esame nel processo Rinascita Scott chiama in causa militari dell’Arma, politici di Nicotera e Capistrano, ma anche un sacerdote ed imprenditori del latte vicini alla sua famiglia.
C’era un carabiniere che operava per mio padre e per Nino Gallone. Tale carabiniere – ha ricordato Emanuele Mancuso – di nome si chiamava di nome Salvatore ed aveva avuto una discussione brutale con un soggetto avverso alla mia famiglia, rivolgendosi a mio padre per risolvergli il problema. Quando mio padre Pantaleone si è dato alla latitanza, la palla è passata a me mantenendo quindi io i contatti diretti con questo carabiniere il quale come prima informazione mi ha detto che c’era un’indagine su Daniele Cortese di Capistrano, mio amico, che aveva avuto una lite. Io ho avvertito subito Cortese ed abbiamo trovato dei Gps su una Fiat 500”. Nino Gallone, indicato da Emanuele Mancuso come amico del carabiniere, è lo sposo atterrato in elicottero in piazza Castella Nicotera nel settembre 2016. Il carabiniere avrebbe avvertito diverse volte Emanuele Mancuso dell’esecuzione di operazioni polizia giudiziaria, come in occasione dell’arresto per il tentato omicidio Comerci o come nell’aprile 2016 l’operazione antimafia “Costa Pulita” – alla quale Emanuele Mancuso ha dichiarato di aver assistito quasi “in diretta” la notte degli arresti – e altre di competenza della Compagnia dei carabinieri di Tropea.

Il matrimonio di Nino Gallone, il carabiniere ed i politici

Secondo Emanuele Mancuso, tale carabiniere sarebbe stato presente al matrimonio fra Nino Gallone ed Aurora Spasari, balzato agli onori delle cronache per l’atterraggio degli sposi in elicottero in piazza a Nicotera senza alcuna autorizzazione. Oltre al carabiniere – ha dichiarato Emanuele Mancuso – al matrimonio di Nino Gallone erano presenti pure l’allora sindaco Franco Pagano e l’assessore Mollese. Il sindaco Pagano era pro ‘ndrangheta ed è legato mani e piedi a mio padre Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, ed anche a Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni”. Gli ex amministratori di Nicotera non sono però i soli politici tirati in ballo da Emanuele Mancuso.

Il collaboratore ha infatti ricordato che in occasione di una perquisizione a casa di Giuseppe Navarra di Pernocari di Rombiolo, che si trovava agli arresti domiciliari, “il carabiniere ha trovato presente Claudio Tucci, l’assessore di Capistrano a casa di Navarra – ha raccontato Emanuele Mancuso – insieme a Salvatore Chimirri, pure lui di Capistrano. In tale occasione è saltato fuori un chilo di hashish, 300 grammi di marijuana, mentre in una botola erano nascosti 800 grammi di cocaina che il carabiniere vide e non prese”. Claudio Tucci è attualmente consigliere comunale di Capistrano.Luigi Mancuso, invece, a detta del nipote Emanuele Mancuso, aveva quale confidente “un maresciallo dei carabinieri”, mentre alcuni finanzieri e farmacisti (di cui non ha fatto i nomi) stati ospitati in villaggi turistici gestiti dalla cosca. Leone Soriano, invece, secondo il collaboratore avrebbe saputo da qualche carabiniere del Ros del blitz nel Crotonese per l’operazione antimafia “Stige”, mentre altro maresciallo, tale “Annunziata” è stato indicato da Emanuele Mancuso come colluso con il padre Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere. Il clan Mancuso, dal canto suo, avrebbe invece sospettato di tre elementi della propria consorteria quali confidenti e “traditori” del clan con le forze dell’ordine: Roberto Cuturello, Pino Gallone e Assunto Megna, tutti di Nicotera. Poi il riferimento di Emanuele Mancuso alla figura di Raffaele Barba di Vibo Valentia, detto “Pino Presa”, che avrebbe accompagnato la madre di Emanuele Mancuso in carcere a Lecce per trovare il futuro collaboratore. “E’ stato Pino Barba, detto Pino Presa, a dire alla mia famiglia – ha raccontato Mancuso – di nominare quale mio avvocato Giancarlo Pittelli perché era amico del giudice. L’ho nominato ed ho saputo in anticipo quanto avrei preso come pena”.

La latitanza a casa del prete e i file asportati dai computer dei carabinieri

Non solo carabinieri e politici vicino al clan Mancuso. Il collaboratore di giustizia ha infatti dichiarato a chiare lettere che la “cosca Mancuso aveva a disposizione anche i preti. Infatti io – ha dichiarato Emanuele Mancuso – ho fatto circa venti giorni di latitanza nascosto nella casa del prete della chiesa di San Giuseppe di Nicotera. Il prete era a disposizione della cosca”. Il clan Mancuso avrebbe poi incaricato due persone capaci di asportare i file dai computer dei carabinieri. “Sono riusciti ad entrare nella caserma dei carabinieri – ha dichiarato Emanuele Mancuso – e ad aprire dei file chiusi contenenti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Furfaro di Gioia Tauro. La mia famiglia temeva molto le dichiarazioni di Furfaro così come quelle di Andrea Mantella ed avrebbe fatto di tutto pur di conoscere le dichiarazioni”.

La ferocia degli Accorinti di Zungri, i pestaggi e l’impresa del latte

Il resto dell’esame del collaboratore è servito a delineare la ferocia del clan Accorinti di Zungri. “A capo c’è Giuseppe Accorinti, poi il fratello Pietro che è il più serio e carismatico, e quindi l’altro fratello Ambrogio Accorinti. Del clan fanno parte anche i due Angelo Accorinti, uno figlio di Pietro e l’altro di Ambrogio, Gregorio Niglia di Briatico, Michele Galati, Riccardo Vallone, Angelo e Peppone Barbieri e Cichello quello delle auto a Filndari. La prima volta che ho conosciuto Accorinti – ha raccontato Emanuele Mancuso – è stato in una campagna dove con ferocia inaudita ha spaccato il calcio di una pistola in testa ad un ragazzo, tale Antoniucci, la cui fronte grondava di sangue. Io ero andato con lui in macchina e sono rimasto pietrificato. Alla scena da lontano ha assistito mio cugino Antonio Mancuso, figlio di Peppe Mancuso (‘Mbrogghja), che si è messo a gridare dicendo ad Accorinti di non sparare perché in macchina ci stavo io che ero suo cugino. Nessuno riusciva a fermare Accorinti. Solo dopo molto tempo e quando ha capito di chi era figlio, Accorinti si è scusato dicendomi che con mio padre e mio zio Diego era stato detenuto insieme. In altra occasione, invece, Giuseppe Accorinti ha massacrato di botte i fratelli Pugliese di Zungri i cui familiari hanno l’impresa Porolat. I Pugliese della Porolat, pur stando a Zungri, fanno capo a mio padre e sono stati accusati da Angelo Accorinti, figlio di Ambrogio, del furto di oro. Per farli confessare, Giuseppe Accorinti li ha convocati in una campagna di Antonio Carà, un ragazzo del clan Soriano, ma la cui sorella è la compagna di Accorinti. Qui Peppone Accorinti ha pestato violentemente i Pugliese in mia presenza che però hanno negato gli addebiti”.
Un personaggio talmente pericoloso, Giuseppe Accorinti, che anche Salvatore Ascone di Limbadi avrebbe sconsigliato ad Emanuele Mancuso di frequentarlo, ricordandogli che era stato proprio Peppone Accorinti ad uccidere Roberto Soriano di Filandari ed a maciullarne il corpo in campagna con il trattore. L’esame di Emanuele Mancuso – che ha anche raccontato dei traffici di droga messi in piedi dai fratelli Giuseppe e Valerio Navarra per conto di Giuseppe Accorinti – proseguirà domani.