«Nel corso della mia vita ho preso parte a diverse rapine. Ad una banca una volta rapinammo un miliardo e duecento milioni di vecchie lire. Ne abbiamo fatte due, a dei furgoni blindati, per circa sei miliardi di lire. In una circostanza c’era Angelo Cortese, c’era gente di Nicolino Grande Aracri, del Reggino, di Cosenza. C’erano altri. C’era anche qualcuno del Vibonese. Era una batteria molto nutrita e io ne ero il capo». Luigi Bonaventura, ex reggente del clan egemone a Crotone, torna a deporre al maxiprocesso Rinascita Scott. Risponde alle domande del pm Antonio De Bernardo e spiega di avere avuto contezza, fino al 2007, anno della sua collaborazione, del fatto che i Bonavota fossero una cosca molto forte: «Non conosco alcuno di loro, non li ho mai frequentati».

È l’avvocato Tiziana Barilaro (difensore di Pasquale Bonavota) ad iniziare il controesame, chiedendo lumi sul principale agguato subito dallo stesso Bonaventura nel 2006: «La mattina del 19 settembre del 2006 ci fu il conflitto a fuoco con mio padre. Io ho sparato, c’è stato un processo, mi è stata riconosciuta la legittima difesa. Poi sono stato latitante, ho avuto assistenza a Papanice, dalla cosca Megna. Vincenzo Marino mi fu vicino in quel periodo». A seguire l’avvocato Paride Scinica (co-difensore di Luigi Mancuso), che chiede chiarimenti sulla gemmazione di un Crimine che «camminava» e che partendo dagli anni ’70, passando per Crotone, negli anni ’90 finì con lo stabilirsi a Polsi. «Quello che possiamo chiamare Crimine assoluto è una persona anziana, benvoluta dalle famiglie più importanti – spiega Bonaventura – Non è un capo vero, è una specie di presidente della Repubblica, custode delle regole. A quanto ne sapevo io il Crimine dagli anni ’90 era ’Ntoni Gambazza (Antonio Pelle, nda). Io sono stato detenuto con lui, ci camminavo. Dove ero detenuto c’era il ghota della ‘ndrangheta».

Quando il Crimine, tra gli anni ’60-’70, era a Crotone, il capo-Crimine era «un Vrenna sicuro – dice Bonaventura – credo fosse mio nonno. Negli anni ’80-90 non so dov’era. Io non ho queste informazioni. Io ho ricevuto la dote di sgarrista e non quella di santista». La deposizione di Bonaventura è autentica, anche quando ammette di aver fatto uso di stupefacenti, in particolare cocaina ed eroina dal 1995, uscendo definitivamente dal tunnel della droga nel 2001.