Prosegue il controesame in aula. Il pentito offre un altro inedito sull'ex boss rispondendo alle domande dell'avvocato Brancia: «Tra noi c'era amicizia e rispetto»
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«Già quando uscì dal carcere, nel 1999, Andrea Mantella non credeva più alla favola della ‘ndrangheta. Dice «non vi affiliate, non serve, non ne avete bisogno». Dice «Se pensate di fare soldi, se non entrate nella ‘ndrangheta ne fate ancora di più”. E poi «Se dovete fare qualcosa, anche se non fate parte della ‘ndrangheta, la fate lo stesso». Andrea diceva che la 'ndrangheta era una porcheria. Anzi, la parola che ha usato è un’altra. La posso dire? La dico. Andrea disse che “La ’ndrangheta è una buttana”».
Nel corso del controesame operato dall’avvocato Diego Brancia, difensore dell’imprenditore e figura di spicco dei Lo Bianco-Barba Franco Barba, oltre che di altri imputati, il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena offre un altro inedito. Il penalista scandaglia i rapporti tra Arena e Mantella, ex boss emergente e tra le gole profonde chiave per la pubblica accusa al maxiprocesso Rinascita Scott e, in particolare, sulla fascinazione che il primo subiva dal secondo. Il superteste, unitamente al cugino Giuseppe Pugliese Carchedi (poi caduto vittima di un agguato compiuto dal clan dei Piscopisani, omicidio oggetto di un separato procedimento), si recò per numerose volte in ospedale per rendere visita allo stesso Mantella, in seguito ad un ricovero pilotato finalizzato alla sua scarcerazione. Fu nel corso di quelle visite che il futuro nuovo boss scissionista, oggi pentito, avrebbe pronunciato quella frase: «La ‘ndrangheta è una buttana».
Arena, peraltro, sempre rispondendo al penalista, ricorda come con lo stesso Mantella sia «andato anche al mare», lasciando intendere plasticamente come tra i due vi fosse «amicizia e rispetto», malgrado non abbia mai condotto insieme «azioni di carattere criminale». Un passaggio molto delicato, sul quale anche altri difensori, nel controesame, si sono soffermati, nel tentativo di far emergere contraddizioni nel racconto dei due collaboratori. Mantella, invece, nel corso del suo esame, aveva riferito – in sintesi – di ricordare solo vagamente Arena come un «ragazzetto spigliato», insomma una sorta di giovanotto scaltro che sapeva muoversi sulla strada.
Solo in seguito, in aula, lo ha riconosciuto come il figlio di Antonio “Vartolo”, ovvero Antonio Arena, figura emergente della ‘ndrangheta vibonese che negli anni ’80 fu vittima della lupara bianca ordita – secondo un’accusa non ancora oggetto di alcun processo – da Giuseppe Mancuso alias Mbrogghjia e dal clan di San Gregorio d’Ippona. Bartolomeo Arena, invece, racconta particolari su una conoscenza personale («senza commettere azioni criminali con lui, perché io i reati li facevo per conto mio», ha sempre precisato) molto più forte.