Il collaboratore di giustizia vibonese, che indica quali sue fonti Nazzareno Colace e Nicola Barba, parla dell'ex parlamentare di Forza Italia: «Era ammanicato con i giudici»
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Parentele significative per il nuovo collaboratore di giustizia del Vibonese, Antonio Guastalegname, 54 anni, di Vibo Marina, dal 1999 residente in provincia di Asti – condannato in primo e secondo grado a 30 anni quale organizzatore della rapina costata la vita ad un tabaccaio in Piemonte – si trova attualmente imputato per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico nel maxiprocesso Rinascita Scott.
Da un lato cugino (per parte di madre) con Giuseppe Comito, alias “Peppe Canna”, anche lui di Vibo Marina e pure lui collaboratore di giustizia, dall’altro cugino di uno dei più noti costruttori del Vibonese: Nazzareno Guastalegname di Stefanaconi. Ma anche con un cognato (fratello della moglie) a sua volta cognato di Domenico Cugliari di Sant’Onofrio, alias “Micu i Mela”, ritenuto fra i vertici del clan Bonavota di Sant’Onofrio.
Le accuse a Pittelli
Chiama in causa diversi personaggi Antonio Guastalegname nelle sue dichiarazioni, depositate dalla Dda di Catanzaro nel maxiprocesso Rinascita Scott. E non risparmia neppure l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex parlamentare di Forza Italia, fra i principali imputati del maxiprocesso. Antonio Guastalegname sostiene di sapere che vi erano degli avvocati capaci di “sistemare” i processi in Cassazione. Indica quali fonti di queste “confidenze” le persone di Nicola Barba e Nazzareno Colace. Sarebbe stato proprio quest’ultimo – stando al collaboratore – a riferirgli nel 2015 che se i suoi amici zingari del Piemonte avessero avuto bisogno di «sistemare i processi» si poteva contare sull’avvocato Pittelli, il quale «tramite le sue amicizie in Cassazione a Roma e in Corte d’Appello a Catanzaro era in grado di farlo».
Secondo il racconto di Guastalegname, Nazzareno Colace gli avrebbe spiegato che, attraverso la corresponsione di grosse somme di denaro, l’avvocato Pittelli sarebbe stato in grado di far annullare le sentenze, oppure far ridurre le condanne grazie ai rapporti con i giudici. Accuse tutte da provare, ovviamente, anche perché pur indicando Guastalegname la figura di Nazzareno Colace come soggetto che avrebbe preteso la sua “parte” nel caso di sentenze “aggiustate” da Pittelli, nei verbali al momento depositati manca l’indicazione specifica di eventuali processi «manipolati» da Pittelli.
«Specifico che quando Colace parlava di giudici che favorivano Pittelli – ha fatto mettere a verbale il nuovo collaboratore – sia in Corte di Cassazione che in Corte d’Appello a Catanzaro parlava di Presidenti che erano suoi amici. Specifico che il denaro, sia la parte spettante a Pittelli, sia la parte spettante all’intermediario, che rappresentavano due distinte dazioni, doveva essere versato in contanti dall’interessato. Specifico altresì – ha aggiunto Guastalegname – che Colace non mi disse se parte del denaro versato a Pittelli dovesse servire al pagamento dei giudici per ottenere il favoritismo ovvero se Pittelli otteneva dai magistrati l’appoggio richiesto in virtù di altre ragioni che non conosco».
Altra fonte di conoscenza sull’argomento, Antonio Guastalegname la indica in Nicola Barba il quale gli avrebbe confermato che l’avvocato Pittelli «era ammanicato con i giudici ed era in grado di sistemare i processi». Secondo il racconto del nuovo collaboratore di giustizia, Nicola Barba gli avrebbe anche riferito che non tutti si potevano avvicinare a Pittelli ma «era necessario che questo tipo di richieste provenissero da soggetti a lui più vicini ai quali bisognava rivolgersi». Nicola Barba avrebbe quindi indicato a Guastalegname la persona di Saverio Razionale quale soggetto «in stretti rapporti con l’avvocato Pittelli».
Le accuse a Ferrante
Antonio Guastalegname ha poi riconosciuto in foto l’imprenditore Gianfranco Ferrante di Vibo Valentia, fra i principali imputati di Rinascita Scott. «So che è un soggetto molto vicino a Mancuso Luigi – ha fatto mettere a verbale Guastalegname – e questo l’ho appreso da Barba Nicola e Barba Carmelo». Secondo il collaboratore, Gianfranco Ferrante si sarebbe messo «a disposizione delle cosche di ‘ndrangheta», fornendo liquidità nel cambio degli assegni.
«In un’occasione Macrì Luciano mi disse che si poteva rivolgere a Ferrante Gianfranco per cambiare un assegno in modo da avere la liquidità per acquistare delle armi». Gianfranco Ferrante avrebbe quindi prestato del denaro ad Antonio Guastalegname per «fronteggiare un debito nei confronti di Raffaele Lentini. In quel caso mi furono rilasciati degli assegni tratti dal conto dell’attività del Cin Cin Bar e sottoscritto dal cognato del Ferrante, Esposito Tonino. A fronte di questo io rilasciai delle fatture dell’importo di circa 30 milioni di lire intestati alla società Pulivenere di Defina Adriana, formale beneficiaria degli assegni».
Adriana Defina è la moglie di Antonio Guastalegname, non indagata o imputata in Rinascita Scott al pari di Tonino Esposito e Raffaele Lentini. Sul conto di Ferrante, il collaboratore ha anche aggiunto di aver emesso delle fatture false «su sua richiesta», rimarcando che lo stesso imprenditore sarebbe stato vicino ai Lo Bianco per averlo «appreso da Mimmo Caprina che mi disse di trattare bene Ferrante perchè era una persona vicina a loro».
Le parentele di Guastalegname
Antonio Guastalegname ha quindi spiegato anche altro rapporto di parentela riguardante Domenico Cugliari, 63 anni, di Sant’Onofrio, alias Micu i Mela. «Si tratta del cognato del fratello di mia moglie, ed è sposato con Ventrice Antonella. Si tratta del cognato di Nzino Bonavota, esponente di vertice – ha dichiarato il collaboratore – dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta. Fa parte della struttura di ‘ndrangheta dei Bonavota e ciò l’ho appeso da mio cognato Pietro Bonavota. Anche Nazzareno Colace mi ha detto che Micu i Mela e i Bonavota erano la stessa cosa a livello criminale anche se con loro lui non aveva rapporti».
Altro cugino di Antonio Guastalegname è invece il costruttore Nazzareno Guastalegname di Stefanaconi. Ne parla il collaboratore nei primi verbali di interrogatorio quando affronta la figura di Antonino Accorinti (ritenuto il boss di Briatico). «Nazzareno Colace fece da intermediario con Accorinti – ha spiegato il collaboratore – allorchè quest’ultimo, dopo molti anni, mi chiese di pagare una partita di droga che mi era stata fornita da mio cugino Giuseppe Comito. Subito dopo il colloquio fra Nazzareno Colace e Nino Accorinti volto a sistemare la mia presunta posizione debitoria per la partita di droga, Nazzareno Colace mi chiese di rivolgermi a mio cugino Gustalegname Nazzareno di Stefanaconi – imprenditore edile che in quel periodo stava costruendo degli appartamenti a Pizzo – al fine di acquistarne uno a prezzo buono per poi darlo a loro che avrebbero fornito il denaro necessario. Colace mi disse genericamente a loro ma io, dal contesto nel quale era maturata la proposta compresi che si riferiva a lui ed a Nino Accorinti. Successivamente, siamo nel 2015, io – ha concluso il collaboratore – e Colace siamo andati a vedere questi appartamenti». Nazzareno Gustalegname non figura fra gli imputati di Rinascita Scott.