Un clan diviso in almeno tre articolazioni a spartirsi la città. Segna una spaccatura profonda all’interno della cosca Lo Bianco il decesso dei due vertici dell’omonima ‘ndrina dominante su Vibo Valentia: Carmelo Lo Bianco (cl. ’32), detto “Piccinni” (morto in carcere a Parma nel 2014) e Carmelo Lo Bianco (cl. ’45), alias “Sicarro”, deceduto nel dicembre del 2016. Da allora, il nucleo storico del clan, facente capo a Paolino Lo Bianco (figlio del defunto Carmelo Lo Bianco cl. ’32), Filippo Catania (cognato di Carmelo Lo Bianco), Antonio Lo Bianco (alias “Lorduni”, cugino dei due Carmelo Lo Bianco deceduti) ed Enzo Barba, avrebbe mantenuto il controllo nella parte centrale della città, la ‘ndrina dei Pugliese (alias “Cassarola”) con al vertice Rosario Pugliese ed Orazio Lo Bianco la zona del quartiere Affaccio, mentre il quartiere del Cancello Rosso e la zona della S. Aloe sarebbe passata a quelli che sino al 2016 erano i fedelissimi di Andrea Mantella e con al vertice ora Domenico Camillò (cl. ’41), Salvatore Morelli e Domenico Macrì.

La carcassa del delfino

A farne le spese in un clan entrato in contrasto al suo interno, anche chi del clan Lo Bianco (secondo l’accusa) farebbe parte sin dalla prima ora e con un ruolo di spicco: Francesco Patania, 69 anni, alias “Ciccio Bello”, costruttore di Vibo Valentia, arrestato con l’accusa di associazione mafiosa e parente dei Pugliese.

Secondo le contestazioni dell’operazione “Rinascita-Scott” (QUI tutti gli indagati), a posizionare nel quartiere Affaccio dinanzi alla sede delle società “2 P Costruzioni e Patania Costruzioni” un delfino morto sarebbero stati il 22 marzo 2017 Michele Pugliese Carchedi, 36 anni, e Domenico Tomaino, 30 anni, alias “U Lupu”, su ordine di Salvatore Morelli, 37 anni, detto “l’Americano”, attualmente irreperibile. La carcassa del delfino sarebbe stata notata sulla spiaggia di Briatico e portata a Vibo allo scopo di intimidire Patania e fargli sborsare somme di denaro. Intento non riuscito, ad avviso degli inquirenti, anche per l’appartenenza di Ciccio Patania al clan Lo Bianco.

L’estorsione alla farmacia

L’inchiesta “Rinascita-Scott” fa quindi luce su diverse estorsioni consumate a Vibo città. Come quella ai danni della farmacia centrale ubicata su corso Vittorio Emanuele III che viene contestata a Gregorio Giofrè, 57 anni, di san Gregorio d’Ippona, Andrea Mantella (attuale collaboratore di giustizia), Salvatore Morelli e Francesco Antonio Pardea, 34 anni, tutti di Vibo. Con loro nel 2004 avrebbero partecipato pure Francesco Scrugli (ucciso a Vibo Marina nel marzo 2012) e Giuseppe Pugliese Carchedi (ucciso nell’agosto del 2006 lungo la strada che collega Pizzo a Vibo Marina). Gli indagati avrebbero costretto i titolari della farmacia a versare loro 50mila euro, metà dei quali destinata al gruppo guidato da Mantella che aveva organizzato l’attività estorsiva, l’altra metà a Gregorio Giofrè (genero del boss Rosario Fiarè) al quale il farmacista avrebbe versato i soldi. Per piegare i titolari della farmacia non sarebbero mancati i colpi d’arma da fuoco e una bottiglia incendiaria contro l’attività commerciale.

 

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L’estorsione da Annunziata

Sempre Gregorio Giofrè ed Andrea Mantella (in foto) sono quindi accusati di aver costretto la “vittima consapevole” Alfonso Annunziata (già imprenditore di riferimento del clan Piromalli di Gioia Tauro) a rivolgersi ai Fiarè per evitare danneggiamenti alla struttura commerciale da lui aperta il 9 agosto 2010 a Vibo Valentia (territorio, all’epoca, sotto l’egida mafiosa del gruppo Mantella). Giofrè e Mantella sono accusati di essersi fatti consegnare dall’imprenditore Alfonso Annunziata – come “prezzo” della protezione – la somma complessiva di euro 16.000, metà della quale destinata al gruppo capeggiato da Mantella, mentre l’altra metà era diretta a Gregorio Giofrè che operava per conto della cosca di appartenenza dei Fiarè.  Da Annunziata avrebbero inoltre ottenuto l’assunzione di personale.

Paolino Lo Bianco, 57 anni, ed Andrea Mantella (con il defunto Carmelo Lo Bianco, alias “Piccinni”) sono quindi accusati di aver estorto alla profumeria Squillace di Vibo Valentia, sin dai primi anni duemila, somme di denaro a titolo di tangente due volte l’anno: a Natale ed a Pasqua, mentre Paolino Lo Bianco ed Enzo Barba sono accusati di aver costretto nell’ottobre del 2016 a farsi consegnare dai giostrai numerosi biglietti per entrare gratis al Luna Park itinerante.

 

Francesco Angelieri (all’epoca dei fatti minorenne), di Ionadi, Francesco Fortuna, 24 anni, di Vibo, Roberto Ionadi, 21 anni, di Vibo, Danilo Lo Grotteria, 25 anni, di San Gregorio d’Ippona, Domenico Macrì, 36 anni, di Vibo, Michele Macrì, 25 anni, di Vibo, Antonio Moscato, 22 anni, di Vibo, Giuseppe Palmisano, 22 anni, di Vibo, Loris Palmisano, 24 anni, di Vibo e Alessio Patania, 22 anni, di Vibo, sono quindi accusati di estorsione ai danni di Rino Tavella, titolare del negozio di abbigliamento “Babilonia jeans” di Vibo. Gli indagati avrebbero costretto il negoziante a cedere loro capi di abbigliamento a prezzi irrisori fra il febbraio ed il marzo del 2017.

 

Della tentata estorsione ai danni di Antonio Del Giudice, titolare della concessionaria motociclistica ad insegna “Motostore” di Vibo sono invece accusati Carmelo Chiarella, 29 anni,  Rosa La Bella, 70 anni, Vincenzo Mantella, 34 anni, Salvatore Morelli, Francesco Antonio Pardea, Raffaele Pardea, 61 anni (in foto), e Marco Startari, 31 anni, tutti di Vibo. Il 14 dicembre 2016 dinanzi alla concessionaria sono state rinvenute due cartucce di fucile.

L'estorsione al pub

A Domenico Camillò, 79 anni, Salvatore Morelli, Bartolomeo Arena (dall’ottobre scorso collaboratore di giustizia), Domenico Camillò, 26 anni, Luigi Federici, 22 anni, Giuseppe Suriano, 26 anni, tutti di Vibo invece contestata l’estorsione ai danni di Pasquale e Filippo La Scala, titolari del pub “Tribeca Bistrot” , ubicato in via Roma a Vibo Valentia. I La Scala sarebbero stati costretti a praticare loro, a titolo estorsivo, un trattamento di favore sulle consumazioni. Tentato danneggiamento seguito da incendio è quindi l’accusa mossa a Salvatore Morelli, Domenico Camillò (cl. ’94), Luigi Federici e Giuseppe Suriano per aver effettuato il 19 dicembre 2017 una telefonata anonima a Filippo La Scala in cui gli veniva intimato di “portare i soldi agli amici di Vibo” altrimenti gli avrebbero fatto saltare in aria il locale. Il 29 dicembre 2017 gli indagati, così facendo, avrebbero ottenuto dal titolare del pub uno sconto del 50% sulle consumazioni.

Il “rispetto” dovuto alla ‘ndrina

Salvatore Morelli, Domenico (Mommo) Macrì e Domenico Tomaino (in foto) sono poi i protagonisti di un’estorsione ai danni del concessionario di autovetture Giovanni Corigliano di Vibo con somme di denaro tra i 2.000 ed i 6.000 euro pretese come “rispetto” dovuto alla ‘ndrina. Il tutto in un arco temporale che va dal 31 gennaio 2018 al 4 febbraio dello stesso anno.

 

Infine, al solo Domenico Macrì vengono contestate due estorsioni: una ai danni dei titolari del negozio di abbigliamento “Giannini”, costretti a cedergli beni e somme di denaro in epoca antecedente al 18 febbraio 2018, l’altro ai danni di Mario Artusa (soggetto arrestato nella stessa operazione per altre vicende), titolare del negozio di abbigliamento ad insegna “Artusa”. Anche qui Mommo Macrì, secondo l’accusa, avrebbe imposto il prezzo sui capi di abbigliamento acquistati. Entrambi i negozi sono ubicati a Vibo Valentia su corso Vittorio Emanuele III.