Rinascita Scott, il “Sistema Vibo” che ha depredato per anni la città

Dalle carte dell’inchiesta della Dda guidata da Nicola Gratteri emerge uno spaccato inquietante fatto di accordi tra clan, massoneria e funzionari pubblici

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di G. B.
29 dicembre 2019
13:26
Un panorama di Vibo Valentia
Un panorama di Vibo Valentia

Va a riscrivere parte della storia della città di Vibo Valentia a partire dagli anni ’80, l’inchiesta “Rinascita – Scott” della Dda di Catanzaro e dei carabinieri. Un’indagine poderosa da cui esce fuori un vero e proprio “sistema”, il “Sistema Vibo”, consolidatosi in decenni di malaffare e connivenze rimaste impunite e da molti sottovalutate.

Gli inquirenti rispolverano così le dichiarazioni di chi per anni ha denunciato con nomi e cognomi i componenti di un “Sistema” che ha governato (e governa anche oggi) la città, impedendone il decollo economico, sociale e culturale.

Dichiarazioni come quelle dell’ex agente della Polizia Municipale di Vibo Valentia, Bruno Villone, che trovano ora uno straordinario riscontro nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, il primo pentito di ‘ndrangheta di peso proveniente dalla città di Vibo Valentia.

La figura di Ugo Bellantoni

Figura centrale di questo “Sistema”, i due testi dell’accusa indicano la persona di Ugo Bellantoni, 83 anni, indagato nell’operazione “Rinascita – Scott” per concorso esterno in associazione mafiosa. Gran maestro onorario della massoneria del Grande Oriente d’Italia (numero tre nazionale, quindi, nell’ambito di tale obbedienza), membro della loggia “Michele Morelli” di Vibo, per anni Ugo Bellantoni ha guidato l’ufficio tecnico del Comune di Vibo Valentia. 

«Le risultanze investigative emerse dall’intera attività di indagine – scrive la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri – hanno permesso di inquadrare Ugo Bellantoni come un soggetto che, sfruttando la rete di conoscenze create nel corso nel tempo, sia come uomo di riferimento dell’amministrazione comunale vibonese che come appartenente alle consorterie della massoneria, si prestava all’occorrenza a fornire aiuto ai personaggi più diversi, legati anche ad ambienti malavitosi».

«L’appartenenza quindi alla massoneria (forma di associazione assolutamente lecita) veniva sfruttata – scrive ancora la Dda – da Ugo Bellantoni come uno strumento per poter favorire, in nome di un legame di vecchia data, anche la famiglia Giamborino. Bellantoni Ugo, già in altri atti giudiziari, emergeva – rimarca la Dda – quale soggetto storicamente legato alla famiglia Giamborino e alla malavita vibonese».


Le dichiarazioni dell'ex vigile urbano

I magistrati della Procura distrettuale antimafia ricordano quindi che Bruno Villone, al tempo vigile urbano del Comune di Vibo Valentia, il giorno 11 marzo 1993 in sede di sommarie informazioni innanzi al pubblico ministero Emilio Le Donne (poi divenuto vice procuratore nazionale antimafia), dopo aver parlato di atti intimidatori rivolti alla sua persona, evidenziava quanto segue:

«A Vibo Valentia vi è la loggia massonica Morelli che detiene, a mio giudizio, il potere finanziario ed amministrativo di tutta la città a tutti i livelli. Ricordo che è stato o è attualmente maestro venerabile di questa loggia il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Vibo Valentia, signor Bellantoni Ugo».

Sempre nel corso di quel verbale, Bruno Villone, dopo aver messo a conoscenza i verbalizzanti di aver riferito all’allora procuratore di Palmi, Agostino Cordova, tutte le sue conoscenze circa la «suddetta loggia massonica» e dopo aver indicato alcuni soggetti che ne facevano parte, tra i quali “Corigliano Domenico Antonio, maggiore comandante del corpo dei vigili urbani di Vibo Valentia, soggetto centrale nella vicenda Artusa – sottolinea la Dda di Catanzaro – continuava fornendo alcune informazioni sulla famiglia Giamborino di Piscopio».

«Debbo premettere che nel corso della mia ormai lunga attività di vigile urbano – spiegava Villone ai magistrati – ho potuto verificare per diretta percezione dei fatti, situazioni e circostanze che mi consentono ora di pervenire a determinate affermazioni. Mi consta ad esempio che Pietro e Giovanni Giamborino di Piscopio sono legati ai fratelli Fiarè e ai Mancuso, i quali tutti, a loro volta, sono collegati con Bellantoni Ugo. Sul punto posso dire infatti che spesso i Giamborino si riuniscono nell’ufficio del Bellantoni che è frequentato pure dai cugini Lo Bianco che portano lo stesso nome e cognome. Mi è capitato anche di vedere spesso assieme Giovanni Giamborino con i Fiarè e Pantaleone Mancuso».

L’architetto Minarchi sotto scacco

In un altro verbale di sommarie informazioni rese da Bruno Villone in data 03 maggio 2007 dinanzi alla Squadra Mobile di Vibo Valentia, emergevano invece i contatti tra Ugo Bellantoni e la famiglia Giamborino.

«Conoscevo l’architetto Minarchi, dirigente della Sezione Urbanistica del Comune di Vibo Valentia, deceduto qualche anno addietro in circostanze poco chiare, secondo me. Minarchi aveva diversi problemi personali dovuti all’etilismo ed all’uso di sostanze stupefacenti. Per ciò che è di mia conoscenza – faceva mettere a verbale Villone – l’architetto Minarchi, nonostante la sua funzione, era succube degli amministratori dell’epoca ed in particolare del signor Ugo Bellantoni, adesso in pensione, e che per tanti anni ha ricoperto la carica di capo dell’Ufficio Tecnico del Comune di Vibo Valentia».

«Il Bellantoni, da
 sempre, si è fatto forza sia della sua nota appartenenza alla massoneria locale, in quanto capo della Loggia “Michele Morelli”, che dei legami, altrettanto noti, ai gruppi delinquenziali che operano in questa zona. In particolar modo era legato a Giamborino Fiore, impiegato comunale, di Piscopio, da tutti conosciuto come un appartenente alla ‘ndrangheta locale. A partire da metà anni ’80 proprio Bellantoni aveva creato intorno a sé un vero e proprio gruppo di potere costituito da politici e delinquenti che si era letteralmente appropriato della città». 

«Furono fatte delle grosse speculazioni edilizie per svariate decine di miliardi di lire che permisero loro di appropriarsi di terreni agricoli di varia provenienza fra cui anche appartenenti alla Chiesa, di costruire palazzi con false concessioni fatte firmare al povero architetto Minarchi anche quando i terreni erano sottoposti a vincolo archeologico da parte della sovrintendenza alla Belle Arti».

Le conferme del pentito Andrea Mantella

In relazione alle evidenze emerse dal verbale di Bruno Villone del 2007, la Procura distrettuale di Catanzaro precisa quindi che Fiore Giamborino è, in realtà, Giamborino Salvatore Giuseppe cl. ‘32, alias “Fiore”, padre di Giovanni, 58 anni, arrestato ora nell’operazione “Rinascita” per associazione mafiosa (avrebbe stretti legami anche con il boss di Limbadi Luigi Mancuso). 

Fiore Giamborino, già impiegato del Comune di Vibo, è deceduto nel 1991. I contenuti delle dichiarazioni di Bruno Villone circa «l’intraneità di Giamborino Giuseppe Salvatore, alias “Fiore” alla ‘ndrangheta locale e il ruolo di alcuni appartenenti alle logge massoniche – spiega la Dda di Catanzaro – trovano conferma anche nelle dichiarazioni rese, più di recente (in data 31 agosto 2016) dal collaboratore di giustizia Andrea Mantella».

«
Quanto al gruppo dei Piscopisani, il cui locale è stato aperto recentemente grazie a Franco D’Onofrio e ai Commisso, posso affermare – dichiara Mantella – che ne facevano parte in passato, il capo che era il suocero di Pino D’Amico che ha la Dmt Petroli, credo si chiami D’Angelo, detto “Cicciu A Maculata”, Fiore Giamborino, padre di Giovanni e zio di Pietro l’ex consigliere regionale, Mario Fiorillo quello che è stato ucciso, Piperno detto “Ruzzu Tanguni”, untale che noi chiamavamo “Micu Revolver”, Pino Fiorillo, padre di Michele Fiorillo dettoZarrillo. Pino Fiorillo è stato sparato assieme a Saverio Razionale. Questa era la vecchia guardia dei Piscopisani». Andrea Mantella rendeva quindi dichiarazioni anche su Ugo Bellantoni, definendolo «amico degli amici» e «massone utilizzato spesso per ottenere favori».

L’orologio recuperato

«A gestire tutto nel Comune era Ugo Bellantoni – ha fatto mettere a verbale Andrea Mantella – un grande funzionario, “amico degli amici” e “massone”, che comandava più del sindaco e che era amico di Elio Costa. Chiunque aveva bisogno di un favore al Comune di Vibo si rivolgeva a lui. Io tramite Nicola Barba ottenni da Bellantoni la possibilità di realizzare, senza l’autorizzazione, una condotta d’acqua che partiva dal rione Carmine fino alla provinciale per Stefanaconi dove avevo la mia azienda. La traccia fu fatta con un escavatore da Franco Fusca, che poi è andato a lavorare ad Arezzo».

«Io conoscevo Bellantoni – dichiara ancora Andrea Mantella – ma non avevo rapporti di amicizia con lui. Per lui mi sono impegnato a fargli riavere l’orologio che gli era stato rapinato presso il “Circolo dei Nobili”. Non so neanche se hanno denunciato la rapina, ma lui si è rivolto a Carmelo Lo Bianco dicendo che a lui non interessavano i soldi ma l’orologio lo rivoleva indietro. Così io glielo recuperai perché la rapina era stata fatta da tale “Yuppidu”, un tossicodipendente di Vibo. In cambio dell’orologio gli diedi della eroina. Questa rapina avvenne tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90».

Mantella sui Giamborino

Ancora più dettagliato, il collaboratore Andrea Mantella quando parla dei Giamborino. «Giamborino Giovanni, legato a Razionale Saverio, che ha fatto fortuna a Roma con i suoi soldi, è legato alla ‘ndrangheta, è battezzato. Tutti i Giamborino sono battezzatianche l’ex consigliere regionale a nome Pietro e il fratello detto “Trappula”. Con Razionale hanno stretto anche un legame di comparaggio; Giamborino Giovanni si incontrava con tutti i criminali di spessore, i Mancuso, tra i quali Peppe “Mbrogghia” e con i Lo Bianco. Giamborino essendo stato portato dai Mancuso e da Razionale, sicuramente ha legami anche con Luigi Mancuso».

Il pentito Andrea Mantella spiegava quindi che «Pietro Giamborino militava nel gruppo dello zio Giamborino Fiorepadre di Giovanni. La sua appartenenza alla ‘ndrangheta mi venne riferita sia da Razionale Saverio che da Carmelo Lo Bianco. Noi ci conoscevamo e ci salutavamo solamente. Ricordo una estorsione, nei confronti del parrucchiere D’Angelo che non andò a buon fine per il suo intervento attraverso Razionale Saverio. Pietro Giamborino ci serviva per gli affari della nettezza urbana in quanto era legato a Pellegrino. Giamborino si metteva a disposizione con tutti i criminali, anche i Fiarè».

«Il dominus Bellantoni»

Ritornando alla massoneria, il pentito Andrea Mantella concludeva quindi con altre informazioni e dichiarazioni: «Ho conosciuto l’ex comandante dei vigili urbani Corigliano attraverso Carmelo Lo Bianco. Lui si metteva a disposizione nei nostri confronti – ha dichiarato Mantella – nel caso in cui realizzavamo opere abusive, multe, posti per gli ambulanti etc. Era intimo amico e si metteva a disposizione anche di Saverio Razionale; a Corigliano si arrivava anche attraverso Ugo Bellantoni, il massone, che era il vero dominus al Comune di Vibo Valentia, al quale tutte le consorterie si rivolgevano per ottenere favori».

Il Sistema Vibo

Un vero e proprio “sistema”, dunque, il “Sistema Vibo” che ha governato e governa tuttora la città. Un “sistema” fatto di relazioni, amicizie, ipocrisie, legami inconfessabili (ed anche alla “luce del sole”), all’ombra di settori della massoneria locale e della politica malata. 

Un “sistema” che la Dda, colmando anni ed anni di ritardi, sta cercando ora di scoperchiare grazie alla Procura distrettuale di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri ed ai suoi sostituti Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso con il prezioso supporto, in questo caso, dei carabinieri del Nucleo Operativo ed Investigativo di Vibo e del Ros di Catanzaro.

Giornalista
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