Nel maxiprocesso dichiarazioni che in gran parte aspettano da anni di essere sviluppate a livello investigativo e che la Dda del procuratore Gratteri è intenzionata a non tralasciare
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Riaprono un capitolo della storia di Vibo Valentia mai chiarito compiutamente, le nuove dichiarazioni del testimone Luigi Farris che ha già in parte deposto nel processo Rinascita-Scott nell’udienza dell’8 febbraio scorso ma la cui audizione deve ancora terminare ed il cui esame riprenderà stamane. L’1 marzo scorso, Luigi Farris è stato nel frattempo nuovamente preso a verbale dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, unitamente ai carabinieri del Ros. E tante sono le novità. Proprietario di un negozio di mobili negli anni ’80 e ’90 a Vibo Valentia e poi vittima degli usurai, Luigi Farris ha consegnato al pm della Dda di Catanzaro diversi verbali di interrogatorio resi a metà anni ’90 ad altri sostituti della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo di regione, in parte finiti nell’inchiesta “Rima” contro il clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona, in parte mai sviluppati a livello investigativo per come invece meritavano, e che ora la Dda sotto la guida del procuratore Nicola Gratteri, con accanto i sostituti Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso intende rileggere ed approfondire.
I clan vibonesi e la massoneria
«Ho fatto parte pure io della massoneria – ha dichiarato a verbale Farris l’1 marzo scorso al pm Frustaci – e il mio gran maestro numero 33 era Armellini Emanuele, assicuratore di Vibo Valentia, che è morto in un incidente vicino Marcellinara di Catanzaro unitamente alla sua compagna. Posso riferire che avevo la tessera da maestro ed in precedenza anche la tessera da apprendista. Fu Armellini a volermi inserire nella massoneria, in particolare nella loggia che seguiva il rito scozzese, sebbene io nei fatti non abbia ma preso parte ad alcuna riunione. So che facevano parte della massoneria Fortunato Mantino e Fortuna Francesco, ex testimone o ex collaboratore di giustizia, non so se tuttora sottoposto al piano di protezione. Posso tuttavia riferire con certezza che ha collaborato con l’autorità giudiziaria perché era in compagnia della sua scorta. Fortuna Francesco – ha aggiunto Farris – è cognato di Mantino Fortunato per essere il fratello della moglie di Fortunato».
Oltre a citare Fortunato Mantino di Vibo Marina, Farris chiama anche altri personaggi indicandoli quali esponenti della massoneria. «Facevano altresì parte della massoneria l’avvocato Preiti – ha dichiarato Farris – , nonché un certo Francesco Pisano di Pizzo Calabro, Lo Gatto Maria e Nicola Tripodi». Quindi il riferimento ai Mancuso di Limbadi. «Anche diversi esponenti della famiglia Mancuso facevano parte della massoneria, in particolare ne facevano parte Cosmo Michele Mancuso, Luni Mancuso detto il Biondo, e forse anche lo stesso Luigi Mancuso. Faceva altresì parte della massoneria Antonio Mancuso, detto Zi ‘Ntoni». Farris chiama poi in causa personaggi deceduti di altissimo piano come il defunto procuratore di Catanzaro. «Sapevo che ne faceva parte anche il procuratore Lombardi – ha proseguito Farris – perché questo mi venne detto da Fortunato Mantino e dall’avvocato Preiti Antonio. Entrambi, infatti, partecipavano alle riunioni e sapevano chi fossero gli altri partecipanti, specialmente l’avvocato Preiti. All’epoca il gran maestro della loggia che seguiva il rito scozzese era Vigorito. Sono in grado di produrre il libro delle onorificenze cavalleresche relative a quel periodo, avendo io stesso il grado di cavaliere: i cavalieri ivi indicati sono in diverse logge della massoneria. Per quanto a mia conoscenza, anche Bellantoni – ha poi dichiarato Farris – faceva parte della massoneria e so che Bellantoni aveva rapporti con Antonio Mancuso». È bene sottolineare che la posizione di Ugo Bellantoni nell’operazione Rinascita-Scott – nei cui confronti era stato inizialmente ipotizzato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa – è stata stralciata dalla Dda di Catanzaro già all’atto della chiusura delle indagini preliminari. Le altre persone chiamate in causa da Farris, a parte Luigi Mancuso, non figurano invece fra gli indagati di Rinascita-Scott. È però a questo punto del verbale che Luigi Farris scoperchia una vicenda cruciale nella storia recente di Vibo Valentia che non è mai stata chiarita e tante e troppe ombre si è lasciata dietro.
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