VIDEO | L’impianto installato in un edificio Aterp abitato dal 1991 non è mai entrato in funzione. Adesso è stato danneggiato dal logorio del tempo. A distanza di decenni alcuni degli abitanti sono diventati anziani e per molti di loro le scale sono un problema quasi insormontabile
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Il danno di vivere prigionieri in casa, la beffa di avere a disposizione nel palazzo un ascensore le cui porte non si sono mai aperte. La vicenda viene denunciata dalle famiglie residenti nell’edificio popolare di proprietà dell’Aterp ubicato a Rende in Via Danimarca, in contrada Macchialonga.
Impianto mai attivato
Lo stabile è stato costruito alla fine degli anni Ottanta. Gli appartamenti consegnati ai legittimi assegnatari nel 1991. L’ascensore era già presente ma ancora non in funzione, né è stato mai successivamente attivato. Il motivo se lo sono chiesti a lungo gli abitanti dello stabile. E lo hanno chiesto in più occasioni all’Istituto Case Popolari, oggi divenuto Agenzia Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica. Senza mai ricevere risposta.
Nel frattempo l’impianto è divenuto obsoleto; Il quadro elettrico e la centrale idraulica sono rimasti esposti al logorio del tempo. Ed anche alle intemperie. Perché l’acqua piovana spesso filtra dal tetto per la carenza di manutenzione.
Le scale un ostacolo
E pure gli inquilini ne pagano le conseguenze con danni alle case situate ai piani superiori. Dopo oltre trent’anni gli abitanti stanno pagando dazio all’incalzare dell’età. Per molti di loro le scale sono diventate un problema insormontabile: qualcuno combatte con gravi patologie, altri con gli acciacchi dell’anzianità, altri ancora con difficoltà di deambulazione. Nelle parole dei cittadini la rabbia per un servizio presente ma inattivo e per lo spreco di denaro pubblico che si riverbera sulla loro qualità della vita. «Ho una patologia oncologica e sono soggetto a radioterapia e chemioterapia. Alla mia età di 75 anni questi 65 gradini sono un ostacolo – dice Giuseppe Andrioli, uno degli residenti dello stabile – Spero che qualcuno raccolga il nostro appello»