Il consorzio Macramè ha inaugurato il bene confiscato a Gioacchino Campolo, noto come "re dei videopoker", sito sulla centralissima via Possidonea a Reggio Calabria. Assegnato dalla Città Metropolitana all'aggregazione di cooperative sociali impegnate nella promozione umana, nell’assistenza e nell’inserimento sociale e lavorativo di persone fragili e svantaggiate, il palazzo è stato ristrutturato nell’ambito del progetto Impronte a Sud – Welfare Lab con il contributo di circa trecentocinquantamila euro di fondazione Con il Sud e della fondazione Peppino Vismara.

Il taglio del nastro

Il nastro è stato tagliato dal sindaco metropolitano ff Carmelo Versace, affiancato dal presidente del consorzio Macramè, Giancarlo Rafele, e dal presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo. Presenti tra gli altri l’assessora regionale alle Politiche Sociali, Tilde Minasi, l’assessora comunale alla Legalità e alla Sicurezza, Giuseppina Palmenta, il responsabile del progetto Impronte a Sud nell’ambito del quale il bene confiscato sarà riutilizzato socialmente, Pasquale Neri, la docente associata di Progettazione Architettonica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Marina Tornatora, il referente di Libera Calabria, don Ennio Stamile, e il responsabile dell’area Sud di Banca Etica, Giuseppe Sottile. La banca ha proprio all’interno dell’edificio la sua sede reggina.

Il valore del progetto

Non solo sottratto a chi accresceva illecitamente il proprio patrimonio, non solo recuperato e riqualificato ma anche valorizzato, messo a disposizione del territorio in una prospettiva che declina la Legalità in termini di utilità sociale, servizio alla comunità, cura dei luoghi e bellezza degli spazi. Ecco il valore in cui si condensa l’impegno di coloro che si sono spesi per giungere a questo traguardo che, come in ogni percorso proiettato verso il futuro, costituisce sempre una nuova partenza.

L’immobile, in stile liberty degli anni Trenta, è caratterizzato da alcune originali installazioni sulla facciata e sulla terrazza che richiamano parole chiave dell’intero percorso condiviso come solidarietà, partecipazione, benessere, futuro, democrazia, mutualità, uguaglianza, insieme. L'edificio è destinato a diventare uno spazio comune dove costruire e coltivare relazioni, a offrire servizi e attività alle famiglie, alle persone svantaggiate, alle aziende. Sarà ospitato un centro di informazione per i lavoratori del terzo settore, aule di studio e di lavoro condiviso, un centro organizzativo di progettazione e gestione delle emergenze sociali, uno sportello di prossimità. Questa la visione all’interno della quale questo bene confiscato e la sua nuova vita sono inseriti.

A ispirare e a tracciare la progettazione per la riqualificazione, il laboratorio di ricerca Landscape_inProgress del dipartimento Architettura e Territorio (dArTe) dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria. La sua realizzazione invece è stata opera della cooperativa sociale La Casa di Miryam.

«I beni confiscati devono vivere a lungo»

«Questa è stata una ristrutturazione ben fatta - ha sottolineato ancora il presidente di Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo - capace di coniugare bellezza, eleganza e funzionalità. Alla stessa hanno lavorato anche studenti dell’Università, dunque una bella storia anche da questo punto di vita che però non può e non deve essere l’unico punto di vista. Riteniamo esperienze come questa particolarmente significative e rappresentative di come sia necessario operare sui beni confiscati. Non può esserci ristrutturazione utile senza una progettualità che, in linea con essa, dia nel tempo un senso all'intervento in termini di attività e servizi. Questi beni devono vivere, bene e a lungo per affermare che esistono modelli di sviluppo virtuosi capaci di sfidare la mafia e il malaffare e vincere. In Calabria abbiamo altre esperienze virtuose, come il consorzio Goel nella Locride e Progetto Sud a Lamezia Terme, e continueremo a lavorare con grande impegno e determinazione», ha sottolineato ancora Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud, che investe nel Meridione per vocazione seguita dalla fondazione Peppino Vismara.

«Questo edificio - ha sottolineato Giancarlo Rafele, presidente Consorzio Macramè - un tempo adibito a dormitorio per le persone sfruttate dal punto di vista lavorativo dal re dei videopoker Campolo, diventerà un luogo di incontro e condivisione, un laboratorio di innovazione sociale e di rigenerazione urbana. Questo è un momento importante poiché restituire alla collettività un bene confiscato alla criminalità contribuisce fortemente ad alimentare fiducia nella giustizia e nello Stato. Speriamo altresì che ciò possa costituire una testimonianza concreta della possibilità di costruire alternative sane, esperienze capaci di generare inclusione sociale e occupazione, anche in questo territorio. Ecco perché in questa occasione, qui, perde la Ndrangheta e vincono lo Stato e la Società Civile», ha sottolineato ancora Giancarlo Rafele, presidente Consorzio Macramè.

Percorsi e sinergie virtuosi

«Una giornata importante in cui condividiamo gli esiti e anche i nuovi obiettivi di questo percorso sinergico indicato a suo tempo con forza dall’avvocato Giuseppe Falcomatà. Siamo particolarmente contenti di questa esperienza ma pensiamo anche ai tanti beni che ancora attendono di essere così virtuosamente riutilizzati. La politica deve fare di più affinché la Legge possa essere pienamente applicata e possa essere garantito l’uso sociale, certamente difficile da perseguire quando i tempi intercorrenti tra confisca e destinazione per assegnazione sono particolarmente lunghi, come quasi sempre avviene», ha sottolineato il sindaco metropolitano facente funzioni, Carmelo Versace.

L'architettura parlante

«Il progetto di riqualificazione di questo bene - ha spiegato Marina Tornatora, professoressa associata di Progettazione Architettonica dell’università Mediterranea di Reggio Calabria - nasce dai banchi dell’Università, dall’intuizione e dal lavoro di studenti e studentesse, nel solco tracciato dalla Mediterranea che dalla didattica si propone di condurre al territorio. Un percorso che è anche impegno civile di contrasto alle mafie. In particolare questo è un esempio di Architettura Parlante che, attraverso parole simboliche, esprime e racconta esperienze di welfare di quartiere che diventano visibili oltre che fruibili. La trasformazione dei luoghi può essere molto più che solo un mutamento della struttura. Così è stato grazie al consorzio Macramè per questo edificio. Questa esperienza ci dimostra, infatti, come durante la sua trasformazione un luogo possa anche diventare qualcosa di diverso, di bello, di migliore, un luogo in cui fare comunità, in cui le persone si avvicinano», ha sottolineato, infine, Marina Tornatora, professoressa associata di Progettazione Architettonica dell’università Mediterranea di Reggio Calabria.