Cerimonia all’Arena dello Stretto nella giornata in cui, cinque anni fa, arrivarono al porto 45 salme di migranti morti nel Mediterraneo
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Ancora si muore nel tentativo di fuggire da guerra, violenza e povertà. Per non dimenticare chi non è sopravvissuto, per tenere a mente che l’accoglienza di queste persone che lasciano il loro paese di origine affrontando un viaggio prima verso il mare, finendo quasi sempre in mano ai trafficanti, e poi in mare senza sapere nuotare, è un dovere civile e etico, a Reggio Calabria ha avuto luogo la deposizione, da una motovedetta della Guardia Costiera, di una corona di fiori nelle acque antistanti l’Arena dello Stretto, al cospetto della statua della Dea Athena.
Quel futuro infranto sul nascere
Una cerimonia sobria per commemorare le vittime delle migrazioni e per ricordare il 3 giugno 2016 quando furono seppellite al cimitero di Armo 45 salme di migranti, i cui sogni di un futuro diverso si erano infranti per sempre proprio sulle nostre coste. Un gesto di civiltà dal quale nacque in capo al Comune e alla Città Metropolitana di Reggio un impegno ancora più forte per la memoria, in questa giornata dedicata alle vittime delle migrazioni, e per l’accoglienza, ogni volta che essa sarà necessaria.
«Abbiamo voluto fortemente l’istituzione di questa giornata affinché fungesse da monito contro l’indifferenza e alimentasse l’esperienza di accoglienza e solidarietà che la città di Reggio Calabria ha vissuto con grande intensità e partecipazione. La nostra Città ha dato in questi anni un esempio, frutto di una profonda sinergia tra istituzioni e volontariato. Una collaborazione che ci ha reso e ci rende particolarmente fieri di fare il nostro dovere. Reggio è stata, è e sarà sempre una città inclusiva e accogliente, per la quale la diversità e la contaminazione culturale sono fonti di crescita e arricchimento» ha commentato il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.
Il cimitero della memoria
Un’esperienza che tornerà ad essere condivisa perché «milioni di persone sono in movimento e tanti, come la storia recente ci racconta, faranno rotta nel nostro mare e non potremo certamente essere noi a fermarli. Senza un'inversione seria dell'economia mondiale, questo processo non solo non si esaurirà ma andrà a crescere. Noi possiamo e dobbiamo trasformare questa piaga epocale in una risorsa. Noi siamo terra di passaggio e dobbiamo essere promotori dell'incontro perchè solo nello scambio tra le culture il mondo crescerà», ha sottolineato ancora don Nino Pangallo, direttore della Caritas diocesana reggina, auspicando di poter presto inaugurare il nuovo cimitero di Armo. «Sorto su un terreno messo a disposizione della Diocesi Reggio – Bova dal Comune reggino, adesso esso è al centro di un intervento di riqualificazione con fondi della Caritas italiana e donazioni. Ospita oltre 150 salme, anche di persone morte in solitudine o per strada. Nato dalla pratica caritatevole di dare sepoltura ai morti, ci proponiamo di farlo diventare un cimitero della memoria», ha spiegato ancora don Nino Pangallo.
Le ferite condivise
Un’esperienza che sarà ancora una volta condivisa da Istituzioni e Volontariato. «Dobbiamo riconoscere la non comune e scontata disponibilità di questa Amministrazione all’accoglienza, nonostante decisioni governative ostili abbiano portato in passato alla chiusura dei porti. La sinergia attuata in riva allo Stretto è virtuosa e, visto che la storia di questo tempo ce lo chiede, noi siamo pronti a tornare al porto ad accogliere. L’attività del coordinamento è fonte di arricchimento continuo anche se si tratta di un’esperienza umana che lascia inevitabilmente dei segni profondi. Non potremo mai dimenticate il doloroso momento dell’arrivo e del trasbordo delle salme al porto di Reggio Calabria né il riconoscimento al cimitero. Ferite che ci accompagneranno sempre con la speranza che non accada più», ha raccontato la dottoressa Pina Timpani, volontaria del coordinamento diocesano Sbarchi.
Anche le storie migrano
Le storie dolorose scritte sul mare oltrepassano ogni confine geografico, tracciando legami tra le tante persone impegnate in tutta Europa in questa azione di civiltà e solidarietà. Persone che aiutano, che instancabilmente testimoniano e che hanno fatto risuonare fino in Germania anche le storie scritte a Reggio Calabria.
«Il mio cuore mi ha portato qui oggi», ha raccontato Carla Kirsten Muller – von der Heyden, pedagòga di origini berlinesi, molto sensibile al tema dei migranti, innamorata del nostro Sud al punto da essersi trasferita a vivere a Riace nel 2018. A parlarle di Reggio e dell’esperienza di Armo, dove è sorto il cimitero dei migranti, è stato Martin Kolek. «Sono amica di Martin Kolek, volontario tedesco che nel maggio 2016 a bordo della SeaWatch 2 recuperò in mare i corpicini dei due neonati, Mohamed e Maryam, ormai senza vita. Un’esperienza che lo toccò talmente profondamente che volle poi sapere dove quei corpicini fossero stati sepolti. Erano e sono sepolti al cimitero di Armo dove si è voluto recare per pregare. Qui a Reggio, ha conosciuto il coordinamento diocesano Sbarchi, Bruna, Fabio e gli altri, ed è rimasto anche molto colpito dal cimitero di Armo, come luogo e come esperienza. Martin Kolek ha raccontato questa storia in un libro "Terra del futuro - Mission Possible", strumento di un progetto di sensibilizzazione, avviato in Germania ma che si proietta anche oltre. Io ho letto di questo libro in un articolo e ho voluto conoscerlo. Poi ho voluto anche io venire qui a vedere e a dare il mio contributo», ha raccontato Carla Kirsten Muller – von der Heyden.
«Anche io ho lavorato come skipper nel mare Mediterraneo e come Martin posso testimoniare che siamo in una situazione critica. Ho vissuto per otto anni in Sardegna per uscire in mare con i pescatori e con la Guardia Costiera. Poi ho scelto il Sud Italia e in particolare Riace per l’anima libera di Mimmo Lucano», ha concluso Carla Kirsten Muller – von der Heyden.