I carabinieri e la Dda ricostruiscono il modus operandi del gruppo legato a Bruno Crucitti. Fanghi e altri scarti gettati nel torrente: «Uno sfregio al territorio che mette in pericolo l’incolumità della popolazione»
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L’attività che avrebbe portato al disastro ambientale nel torrente Valanidi era «stabile e organizzata». Un traffico di rifiuti pianificato dalla struttura sociale della Crucitti Group srl e utilizzando il patrimonio aziendale della ditta. «la cui gestione operativa ed esecutiva era affidata, di fatto, a Bruno Crucitti, da parte dei figli Daniele, socio unico della srl, e Francesco, amministratore unico della srl. Ruolo di stabile e continuativo ausilio operativo era, invece, ricoperto da Edoardo Belfiore, nonché da Giovanni Salvatore Vittoriano».
Questo il quadro emerso dall'indagine che ha portato a interrompere l’attività dell'organizzazione che avrebbe sversato illecitamente oltre cinquemila tonnellate di rifiuti speciali nel torrente Valanidi, uno dei corsi d'acqua che attraversano Reggio Calabria.
Alle persone coinvolte nell'indagine, condotta dai carabinieri della Stazione di Rosario Valanidi, vengono contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro e inquinamento ambientale, attività di gestione di rifiuti non autorizzata e occupazione abusiva di suolo pubblico.
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Le immagini acquisite dai sistemi di videosorveglianza, unitamente ai sopralluoghi effettuati dalla polizia giudiziaria documentano come la Crucitti Group srl sia diventato «un vero e proprio centro di raccolta di rifiuti speciali derivanti dalle lavorazioni edili, che attrae plurimi conferitori abusivi. Solo una parte dei rifiuti speciali conferiti viene illegalmente (atteso che l'azienda è priva delle autorizzazioni al trasporto dei rifiuti prodotti da terzi) trasportata in una discarica autorizzata (quella sita nel comune di Fiumara di Muro), mentre la gran parte dei rifiuti ricevuti, insieme a quelli prodotti dalla stessa Crucitti Group srl (specie i residui fangosi) vengono collocati lungo l'alveo del torrente Valanidi, creando così vere e proprie discariche abusive».
Intercettazioni, immagini e video che vanno a ricostruire come «la società in questione non solo accogliesse nel sito societario rifiuti proveniente da terzi, ma scaricasse poi i suddetti rifiuti, anche pericolosi, nell'alveo del torrente Valanidi».
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Secondo quanto descritto dagli inquirenti il modus operandi per il collocamento dei rifiuti nelle aree interessate era sempre il medesimo: «Una iniziale fase esplorativa che vedeva protagonista il Bruno Crucitti, una successiva fase di sversamento sempre in orari mattutini, in cui era meno probabile incontrare Forze dell'Ordine, per poi tornare nel sito societario. Si tratta, certamente, di un'attività organizzata, con caratteristiche di stabilità e reiterazione, attraverso al quale viene gestito un ciclo completo di ricezione, produzione, accumulo, gestione, trasporto e smaltimento illecito di rifiuti speciali».
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Un sistema consolidato nel tempo che, secondo quanto emerso durante le indagini, sarebbe «ben collaudato» e «trae sicuramente origine dall'attività svolta dalla pregressa compagine societaria, la Real Cementi, confiscata a Bruno Crucitti per reati di mafia».
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Ad emergere è anche un ulteriore aspetto relativo alla «messa in pericolo della pubblica incolumità a cagione dell'impatto fisico di quella compromissione sul regolare flusso delle acque, con li conseguente pericolo alluvionale». In questo caso il perito nominato dalla Procura ha concluso che: «Lo scarico dei rifiuti ha leso in maniera sostanziale l'estetica del paesaggio e al sua naturalità visiva. La compresenza forzata tra dei componenti naturali ed i rifiuti rappresenta un danno estetico, un grave sfregio al territorio. L'ecosistema del Valanidi corridoio ecologico, zona idrogeologicamente fragile della quale è regolamentata alla salvaguardia paesaggistica, è stata colpita dagli abbandoni incontrollati e non autorizzati di rifiuti speciali. Quest'attività, ha causato una grave perdita di naturalità del corso d'acqua, ledendo in particolare: la continuità biologica ed ecosistemica e alla capacità di assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica».
La situazione riscontrata sul Valanidi dal perito è «purtroppo è disastrosa, per cui il corridoio ecologico rimane accecato da tutte le interferenze al mantenimento degli equilibri biologici della zona».
Non solo, le attività portate in essere potrebbero aumentare il «rischio di esondazione, fonte di pericolo per una parte significativa della popolazione, è diretta conseguenza dell'abusivo e illecito intervento degli indagati. Va però rilevato che la collocazione di tale condotta nell'ambito dello specifico delitto di disastro ambientale deve necessariamente ritenersi riferita a comportamenti comunque incidenti sull'ambiente, rispetto ai quali il pericolo per la pubblica incolumità rappresenta una diretta conseguenza, pur in assenza delle altre situazioni contemplate dalla norma».