La Procura di Palmi e l’Arma, nella cornice insolita del Museo di Reggio Calabria. La conferenza stampa odierna, infatti, ha costituito un momento di festa per lo Stato e per la Cultura. Sono stati salvati beni archeologici e paleontologici, illecitamente detenuti da un privato, consistenti in importanti testimonianze dell’identità collettività, tracce di storia anche antichissima che torneranno ad essere fruibili da tutta la collettività.

La confisca e la restituzione 

Restituiti oggi allo Stato 240 monete autentiche in rame ed 8 in argento attribuibili ad età greca e medievale, due anfore, una lucerna fittile, un frammento di vaso, un dente di un proboscidato estinto. Un totale di 253 beni, frutto di una confisca definitiva di quasi 650 reperti (648 monete in argento e bronzo di epoca magno greca, romana e medioevale nonché di 37 reperti di presumibile interesse storico archeologico risalenti alla Magna Grecia e alle civiltà dell’America Centrale), rinvenuti presso l’abitazione di un professionista reggino. 

La confisca, del valore complessivo stimato pari a 300mila euro, è stata eseguita, a seguito di sentenza passata in giudicato lo scorso febbraio, dal nucleo carabinieri Tutela patrimonio culturale di Cosenza sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Palmi. L’indagine ha avuto origine da un controllo doganale, presso l’aeroporto di Reggio Calabria, sul bagaglio di due passeggeri italiani provenienti dal Messico.

La consegna 

Questa mattina la consegna alla Soprintendenza Archeologia per le Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, avvenuta sulla terrazza del museo archeologico di Reggio, dove i reperti saranno studiati e custoditi. La cerimonia di consegna è avvenuta alla presenza delle massime autorità istituzionali. 

Dopo i saluti del direttore del Museo Fabrizio Sudano, gli interventi del procuratore capo della Repubblica di Palmi che ha coordinato le indagini, Emanuele Crescenti, del comandante del Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Cosenza, capitano Giacomo Geloso, della Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia ad interim, Maria Mallemace

A chiudere la disamina archeologica a cura del funzionario archeologo della Soprintendenza, Marco Stefano Scaravilli. Presente anche una rappresentanza di studenti del liceo classico Tommaso Campanella di Reggio Calabria.

L'azione della Procura anche a tutela del patrimonio dello Stato

«Un collezionista calabrese - spiega il procuratore della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti - ha agito con leggerezza e ha pagato in termini di responsabilità quanto doveva allo Stato. Ha anche collaborato. L’attività si è rivelata complessa con riferimento all’indagine legata prettamente ai beni oggetto della confisca. È stata condotta in stretta sinergia con la Soprintendenza. Un'indagine che oggi ci rende particolarmente contenti. Non ci occupiamo, infatti, soltanto di illeciti che producono danno alle persone e che creano allarme sociale. Ci occupiamo anche della tutela del patrimonio dello Stato. 

Ci dà una immensa soddisfazione oggi restituire una serie di reperti che saranno esposti e che saranno fruiti e condivisi in quello che è il loro valore pubblico. Il nostro non è un lavoro di intelligence che riguarda solo la sicurezza. Esso attiene anche alla tutela dello Stato nelle sue varie dimensioni, compresa quella del patrimonio culturale. Siamo dunque molto contenti di questo esito e di questa restituzione». Così il procuratore della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti.

La restituzione di tracce storiche della nostra identità collettiva

«Il nostro nucleo specializzato – ha spiegato il comandante del Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Cosenza, capitano Giacomo Geloso - è stato inizialmente interessato dall’ufficio doganale operativo presso l’aeroporto di Reggio Calabria. A seguito di indagini e perquisizioni, abbiamo poi sequestrato complessivamente oltre 600 beni culturali. Alcuni sono stati accertati di provenienza dell’America centrale. Di questi, parte è già stata restituita agli Stati Uniti del Messico, tramite all’ambasciata Italiana. In parte saranno restituiti la stessa Ambasciata nelle prossime settimane. 

Oggi è un giorno importante. Restituiamo al patrimonio indisponibile lo Stato italiano i reperti archeologici beni culturali che sono stati accertati, a seguito dell’esame tecnico condotto dei funzionari archeologi della Soprintendenza, di origine italica. Complessivamente il valore è di circa 300mila euro, ma il valore archeologico, storico artistico che non si può nemmeno stimare. Tengo a sottolineare che la giornata di oggi è frutto di un lavoro impegnativo condotto in sinergia con gli organi centrali e periferici del Ministero. L’impegno e la professionalità di donne e uomini, militari e civili, altamente specializzati nello specifico settore, hanno consentito il ripristino di questo patrimonio in capo allo Stato, contribuendo a consegnare alla conoscenza della nostra storia ulteriori elementi di studio». Così il comandante del Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale di Cosenza, capitano Giacomo Geloso.

Dall'oblio allo studio e poi alla fruizione collettiva

«Davvero poco consueto trovarsi accanto a un procuratore della Repubblica e un autorevole rappresentante dell’Arma per raccontare una bella storia. Oggi celebriamo lo Stato e la Cultura. Rivolgo un immenso ringraziamento agli uomini del nucleo di tutela patrimonio culturale che ha consentito di restituire alla collettività un patrimonio assai significativo. Si tratta di 253 reperti. Un evento eccezionale. Solitamente, anche a seguito di indagini, un numero così elevato di reperti in un’unica soluzione non poi così frequente. Adesso procederemo con studi più approfonditi e metteremo a punto delle ipotesi di fruizione da parte della cittadinanza». Così la soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia ad interim, Maria Mallemace.

«Noi siamo sempre disponibili all’acquisizione di nuovi reperti. Adesso valuteremo con la Soprintendenza come valorizzarli. Magari con delle mostre temporanee finalizzate a rendere fruibili i beni presenti nei nostri depositi già molto ricchi e che oggi si accrescono ancora di più il loro valore. Si potrebbe pensare a una sezione sequestri o una mostra di reperti salvati dal dall’oblio. Siamo sempre a disposizione per la collaborazione piena con gli altri uffici del ministero». Così il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano.

Monete, anfore, una lucerna, un frammento e un dente

Con la collaborazione dei funzionari archeologi della Soprintendenza Archeologica della Calabria e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma, si è accertato che 28 reperti archeologici sono indiscutibilmente autentici, collocabili al periodo “preclassico antico (1100-900 a.C.) e postclassico (1300-1521 d.C.)” e provenienti dalle culture dell’altipiano centrale e dalla Costa del Golfo del Messico. 

Ecco il dettaglio dei 253 beni di origine italica oggi restituiti: un gruppo di 240 monete autentiche in rame e 8 in argento attribuibili ad età greca e medievale. La maggiore concentrazione è individuabile nelle coniazioni di epoca romana. Ancora due “dressel”, databili tra il I sec. a.C. ed il II sec. d.C.. Si tratta di contenitori vinari da trasporto molto diffusi nella prima metà imperiale, la cui prima origine si colloca in Grecia (isola di Rodi) ma che si è estesa in seguito anche in varie località della Magna Grecia tra cui la Calabria.

Una lucerna fittile, databile alla prima età imperiale romana, con decorazione sul disco.

Un frammento di vaso, databile al IV sec. a.C., a figura rossa di produzione italica.

Un dente di un proboscidato estinto della Famiglia dei Gomphotheriidae (comunemente conosciuti come “mastodonti”), diffusi in Africa, Asia, Europa e Nord-America. In Italia è conosciuta la specie Anancus arvernensis, diffusa tra la fine del Miocene (10 milioni di anni fa) e le fasi iniziali del Pleistocene (circa 1,5 milioni di anni fa).

Indagine archeologica privata della conoscenza del luogo del rinvenimento

«I reperti oggi restituiti si compongono di un ricco nucleo di 280 monete di argento, bronzo e rame che dall’età greca giungono fino al 1700. Le epoche di appartenenza abbracciano anche la fase romana imperiale, bizantina e anche Normanna. La maggior parte delle monete greche sono riconducibili alle Polis di Sicilia. Molte sono le emissioni in particolare di Siracusa che potrebbero essere state ritrovate in Calabria, dati i rapporti strettissimi esistenti tra queste due aree nell’antichità. Molti di questi reperti potrebbero essere stati trovati in Calabria, non solo le monete magnogreche di Crotone e quelle bizantine di Costantinopoli, di cui vi era ampia circolazione anche qui. Purtroppo molti elementi essenziali per ricostruire il contesto storico di questi reperti, non conoscendo il luogo del rinvenimento, non sono più conoscibili. 

Ci sono poi due anfore vinarie di età Romana Imperiale, anche queste molto frequentemente rinvenute nei nostri mari, segno degli importanti traffici commerciali che età Romana Imperiale interessavano anche le nostre coste. Tali rinvenimenti generalmente indicano anche la presenza di relitti sottomarini. Questo può dare, ancora una volta, una misura del danno arrecato alle indagini archeologiche dai rinvenimenti non autorizzati come quelli da cui provengono questi beni». Così il funzionario archeologo della Soprintendenza, Marco Stefano Scaravilli.

Reggio sempre più ricca di beni culturali

«Un momento di grande soddisfazione e orgoglio. La città di Reggio riprende possesso di beni preziosissimi che arricchiranno il nostro già prestigioso museo. Speriamo saranno posti presto fruibili da cittadini e turisti che vediamo in crescita in questo momento. Reggio dimostra una dinamicità davvero apprezzabile, a prescindere tutte le altre considerazioni e dei problemi che comunque ci sono. Non possiamo che essere ottimisti per il futuro di questa terra». Così l’assessora con delega aIstruzione, Università e Pari opportunità del comune di Reggio Calabria, Anna Briante.