Nel 2011 il politico reggino venne tratto in arresto con le gravissime accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e di estorsione tentata ai danni dell’allora consigliere regionale Giovanni Nucera
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La Corte di Appello di Reggio Calabria (Pres. Tarsia, a latere Minniti e Lauro), decidendo in sede di rinvio, ha assolto l’ex consigliere comunale ed assessore di Reggio Calabria, Giuseppe Plutino – difeso dagli avvocati Andrea Alvaro e Marco Gemelli – dall’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose, commessa ai danni dell’ex consigliere regionale Giovanni Nucera.
Si conclude, dopo oltre dieci anni, la lunghissima vicenda processuale che ha interessato il noto politico, il quale nel dicembre del 2011 venne tratto in arresto con le gravissime accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione consumata, aggravata dalle modalità e dalle finalità mafiose, ed estorsione tentata ed aggravata, entrambe ai danni dell’allora consigliere regionale Giovanni Nucera.
Al Plutino veniva contestato, in particolare, di avere offerto ad un sodalizio mafioso reggino un contributo rafforzativo in cambio del sostegno elettorale nonché di avere costretto il Nucera, allora consigliere regionale, ad assumere all’interno del gruppo consiliare del PDL una congiunta di un appartenente al sodalizio e, successivamente, a rinnovarle l’incarico, rinnovo che in concreto poi non vi fu. In tali termini la vicenda era stata ricostruita, anche in dibattimento, dal Nucera.
In primo grado il Tribunale aveva accolto integralmente la richiesta della Pubblica Accusa Distrettuale ed aveva condannato il Plutino ad anni dodici di reclusione in relazione a tutti i reati a lui ascritti.
Avverso la decisione avevano interposto appello gli avvocati Alvaro e Gemelli, i quali, oltre alla responsabilità associativa, avevano contestato che l’assunzione della giovane avesse natura estorsiva. I difensori avevano evidenziato come l’istruttoria dibattimentale avesse offerto la prova che quell’assunzione fosse riconducibile ad un’intesa corruttiva elettorale, che peraltro non vedeva neppure coinvolto il Plutino, il quale era estraneo anche alla vicenda della tentata estorsione legata al rinnovo del contratto di collaborazione.
La Corte di Appello, condividendo sul punto le argomentazioni difensive, aveva assolto il Plutino dall’estorsione consumata ai danni del Nucera, ritenendo che l’assunzione della collaboratrice fosse legata ad una corruzione elettorale – peraltro non imputabile all’imputato – e non invece ad una condotta estorsiva. La Corte aveva così ridotto la condanna del Plutino complessivamente ad anni nove di reclusione, comminati per il più grave reato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose (anni sei) in continuazione con quello di partecipazione ad associazione mafiosa (anni tre), così riqualificata l’originaria imputazione di concorso esterno. La Pubblica Accusa nel grado di appello aveva richiesto l’aumento di pena ad anni diciotto di reclusione.
Contro la decisione del secondo Giudice gli avvocati Alvaro e Gemelli avevano proposto ricorso per Cassazione, deciso nel dicembre 2017 dalla Prima Sezione della Suprema Corte, che aveva confermato per tutti gli imputati la sentenza in ordine al reato associativo mafioso, annullando tuttavia per il solo Plutino la condanna limitatamente al reato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose. In relazione a tale accusa si sarebbe dovuto celebrare pertanto un nuovo giudizio in sede rescissoria.
In tale contesto i difensori dell’ex politico reggino, nella loro arringa conclusiva, hanno illustrato le ragioni a sostegno dell’infondatezza dell’addebito di tentata estorsione mosso al loro assistito, del quale hanno chiesto l’assoluzione dalla relativa accusa. Hanno affrontato altresì il problema della rideterminazione della pena comminata per il reato associativo, atteso che, con l’assoluzione dai reati più gravi (estorsione e tentata estorsione), la Corte avrebbe dovuto comminare la pena da applicare per l’unico reato per il quale è intervenuta in definitiva la condanna, quello di partecipazione ad associazione mafiosa. Ad avviso dei difensori che hanno illustrato nella discussione la particolare questione tecnico-giuridica, al Plutino non avrebbe potuto essere comminata una pena più grave di quella precedentemente irrogata per il reato più grave dal quale adesso andava assolto.
La Corte di Appello, dopo una lunga camera di consiglio, ha condiviso le ragioni prospettate dai difensori e, assolvendo il Plutino dal reato di tentata estorsione aggravata, ha rideterminato la pena in anni sei di reclusione, già espiati in fase cautelare.
Per l’ex assessore si è così conclusa la lunga e dura vicenda processuale, che aveva preso la stura dalle estorsioni denunciate dal Nucera, dalle quali, dopo una lunga battaglia, è stato adesso ampiamente assolto.