«Destano non poche preoccupazioni i dati rilevati nel recente rapporto Svimez che confermano le consuete difficoltà del Mezzogiorno e gli ampi divari che permangono nel nostro Paese fra nord e sud». Lo scrive in una nota l'avvocato Saverio Molica, dirigente del settore Avvocatura e Affari Legali del Comune di Catanzaro.

«A seguito dell’emergenza sanitaria, della guerra in Ucraina con il relativo accrescersi del costo del gas, le regioni meridionali rischiano di andare incontro ad una recessione pericolosa. Senza una programmazione adeguata ed una visione strategica sui macro-temi dello sviluppo economico, di un welfare solido, di un grande piano delle infrastrutture, in particolare quelle che riguardano i collegamenti della rete ferroviaria e aerea, delle politiche ambientali e green e, soprattutto, senza un utilizzo virtuoso delle risorse contemplate dal Pnrr, si paventa un disequilibrio smisurato e pericoloso.

«Secondo il rapporto pubblicato da Svimez, nel 2023 il Pil del Sud potrebbe contrarsi fino allo -0,4%, mentre quello del Centro-Nord rimarrà positivo (+0,8%), pur segnando un forte rallentamento rispetto al 2022. Senza i recenti stanziamenti, l’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico di circa 13 famiglie ogni 100 (13,2% al Sud e 12,9% nelle Isole), che grazie agli interventi è scesa di 3,4 punti al Sud e 4,5 punti nelle Isole.

L'aumento dell'inflazione produce una esposizione concreta per la sostenibilità dei bilanci di famiglie e imprese, con effetti più allarmanti nel Mezzogiorno. I nuclei a reddito più basso subiscono più degli altri le conseguenze dei rincari delle bollette e dei beni di prima necessità: queste spese costituiscono circa il 70 per cento dei consumi totali. La maggior parte di queste famiglie sono concentrate nel Sud Italia. La Svimez stima un bacino potenziale di 287 mila nuove famiglie (e 764 mila individui) in povertà assoluta. In valori assoluti al sud sarebbero circa mezzo milione di poveri in più

Tra le sue finalità, il piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe colmare il gap del sud rispetto al resto del Paese. Oltre al Pnrr, gli enti locali del sud dovranno gestire anche i fondi europei di coesione 2014-2020, incluso il React-Eu, le risorse del ciclo 2021-2027, e quelle del piano sviluppo e coesione nazionale. Si tratta di risorse senza precedenti che da qui fino al 2029 supereranno i 252,2 miliardi di euro.

«Lo scenario da evitare è beneficiare dei fondi necessari, ma senza la capacità di saperli impiegare. Il sud non può permettersi di perdere la straordinaria occasione nei confronti del Pnrr. Altro punto essenziale è potenziare le misure di accompagnamento degli enti territoriali nella realizzazione delle opere; rafforzando il coordinamento del piano con la politica di coesione europea e nazionale e con quella ordinaria.

Armonizzare le condizioni di accesso ai diritti di cittadinanza e riequilibrare la divaricazione tra sistemi produttivi regionali sono obiettivi ambiziosi che dovrebbero investire il complesso delle politiche pubbliche. Il sud deve farsi trovare pronto ai prossimi appuntamenti e per questo occorre investire anche in meritocrazia, in professionalità adeguate che possono offrire un contributo di qualità. I Comuni, in questa direzione, stanno operando una significativa azione di coesione territoriale, spesso gestendo emergenze e dinamiche amministrative che spetterebbero ad altri enti. 

«Serve in sostanza un sud capace di conurbarsi, di mettersi in rete, di pianificare e operare con coraggio e lungimiranza, attraverso un impegno della classe politica e dirigente che si trova innanzi ad una fase cruciale e fondamentale per il presente e per il futuro del Mezzogiorno per il Mezzogiorno e del Mezzogiorno per l’Italia. Solo da tali punti fondamentali si può ripartire per un rilancio d’intero Mezzogiorno».