L’intrusione, la colluttazione, la fuga: pochi minuti che sono costati la vita a Alfio Stancampiano, il trentenne di Catania abbandonato dai complici nel piazzale dell’ospedale Morelli come in un poliziottesco degli anni ‘70 e spirato pochi minuti dopo a causa delle coltellate ricevute, e che hanno aperto le porte del carcere di Arghillà per Francesco Putortì, macellaio incensurato di Arangea che quelle coltellate le ha ammesse agli inquirenti dopo una parziale reticenza, arrestato con l’accusa di omicidio volontario.

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Non c’è nessuno nella casa a Rosario Valanidi, periferia sud di Reggio, quando i tre uomini arrivati da Catania entrano in azione. Il figlio a scuola, la moglie fuori per alcune commissioni. Anche Putortì non si trova in casa e i ladri, ha raccontato l’indagato agli investigatori, avevano già depredato la cassaforte portando via poco più di 1500 euro e due pistole, legalmente detenute dallo stesso Putortì, quando l’uomo è rientrato. Pistole che i ladri avrebbero “perso” durante la colluttazione e che sono state ritrovate dagli investigatori. «Ho visto due uomini in casa, mi hanno aggredito, mi sono spaventato e mi sono difeso», avrebbe detto Putortì al magistrato a cui ha anche riferito di non essersi accorto della gravità delle ferite riportate dalla vittima e dall’altro complice che, appena attraversato lo Stretto, ha rinunciato alla fuga rifugiandosi in un ospedale di Messina.

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Gli uomini della squadra mobile e dei carabinieri stanno cercando di ricostruire le dinamiche della rissa che ha portato all’accoltellamento e i momenti successivi alla fuga da parte dei tre ladri in trasferta anche per colmare quel buco temporale tra la violenta colluttazione (l’uomo ha ammesso di avere utilizzato un coltello su cui sarebbero state ritrovate delle tracce di sangue) e l’abbandono del giovane Stancampiano nel cortile interno dell’ospedale Morelli.

Prevista intanto per domani pomeriggio, all’interno del carcere cittadino di Arghillà, l’udienza per la convalida del fermo. «Chiederemo al Gip la revoca della misura cautelare, o in subordine la conversione in arresti domiciliari – dice a Lacnews24 l’avvocato Maurizio Condipoderoe – e la rideterminazione del capo di imputazione in eccesso colposo di legittima difesa».