È stato sentito dagli inquirenti, in Questura, il ragazzino crotonese vittima di un pestaggio da parte di un suo coetaneo, figlio di un noto pugile della città, mentre altri giovanissimi, incitando alla violenza, riprendevano la scena per poi diffonderla in rete. Le immagini circolavano sul web dal dicembre scorso, ma solo giovedì i genitori dell’aggredito ne sono venuti a conoscenza, decidendo di presentare una denuncia per lesioni e cyberbullismo.

«Il ragazzino – spiega l’avvocato Francesco Verri, legale della famiglia della vittima - non solo viene malmenato brutalmente, ma viene anche deriso, insultato, sputato, sfidato e questo non provoco soltanto delle lesioni al volto, ma anche alla sua identità e alla sua psiche. Da qui il nascondimento iniziale anche alla famiglia che non ha percepito la violenza del fatto e la portata dell’episodio, di cui è venuta a conoscenza giovedì scorso quando ha avuto modo di vedere il video che purtroppo tutti abbiamo visto».

Ad assistere alla brutale aggressione, almeno altri 5 ragazzini: «Gli spettatori, in queste vicende, sono decisivi: il fatto si consuma in quelle modalità in quanto c’è un pubblico che da una parte acclama e dall’altra incita e in ogni caso rafforza l’intento del picchiatore che si esibisce nella prospettiva di un pubblico più ampio perché il filmato non è stato conservato ma diffuso».

Un fenomeno tristemente noto: «Criminologi e psicologi hanno studiato questo fenomeno che non è nuovo. Si chiama cyberbashing (pestaggio in rete) oppure happy slapping (schiaffeggiamento divertente). Purtroppo accade che gruppi di giovani si esercitino in operazioni punitive come quella, riprendendo il fatto per tornare a vederlo divertendosi oppure diffondendolo in rete. E la diffusione in rete produce due risultati, nelle intenzioni branco: celebrare la vittoria, in questo caso il trionfo su un ring desolante di periferia, e perpetuare la mortificazione subita dalla vittima».