«Non risulta che il Galati abbia fatto nulla di più del mettere in contatto le parti interessate […] non vi sono elementi che consentano di andare oltre la mera congettura». È quanto emerge dalle moticazioni depositate con le quali la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza agli arresti domiciliari e il successivo divieto di recarsi in Calabria a carico dell’ex parlamentare Pino Galati indagato nell’ambito dell’inchiesta Quinta Bolgia insieme ad altre venti persone.

 

L’indagine, condotta dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri ed eseguita dai finanzieri del Comando provinciale del capoluogo e dello Scico di Roma,  portò alla luce presunti illeciti nella gestione del servizio di ambulanze all'ospedale di Lamezia Terme.

 

Galati, in particolare, era accusato di essersi attivato in più occasioni a favore della cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte e del sottogruppo Putrino, profondendo «il suo impegno politico per l'assegnazione di gare, appalti o posti di lavoro, soprattutto nel campo sanitario, ma anche nella Sacal», la società di gestione dell'aeroporto di Lamezia Terme, «in cambio del costante impegno elettorale da parte degli esponenti della cosca a procurare più voti possibili ai fini dell'elezione, diventando sostanzialmente il politico di riferimento della cosca».

 

La Cassazione nelle motivazioni, accogliendo il ricorso dei difensori dell'ex parlamentare Francesco Gambardella e Salvatore Cerra afferma «la totale esclusione della gravità indiziaria per fatti penalmente rilevanti comporta l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza».

 

In merito, in particolare, alle intercettazioni riportate nell’inchiesta la Suprema Corte non le ritiene utilizzabili perché effettuate senza richiesta alla Camera d’appartenenza.

 

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