Lo chiamano «Mimmo» pure loro, perché hanno confidenza. A volte anche «Tallo». Si è interessato, dall’alto del suo privilegiato ufficio di assessore regionale (siamo tra il 2013 ed il 2014) - emerge dalle carte dell’inchiesta Farmabusiness -, non solo al rilascio delle autorizzazioni necessarie per la messa appunto del consorzio farmaceutico finanziato con i soldi del clan Grande Aracri, ma prende anche parte alla «scelta del capannone da adibire a sede operativa del Consorzio».

Salvatore, «il Commercialista»

Siamo ancora alla gestazione del Consorzio Farma Italia, che sei anni dopo finirà al centro dell’ultima inchiesta istruita condotta dal pool di Nicola Gratteri (l’aggiunto Vincenzo Capomolla ed i pm Domenico Guarascio e Paolo Sirleo). Introdotto da Domenico Scozzafava, il «grande elettorale di Tallini» legatosi ai cutresi, entrerà presto in scena «il Commercialista». Un alias più che un titolo: viene infatti identificato dagli investigatori in Salvatore Grande Aracri, «falegname di Brescello», figlio di Francesco e nipote del superboss Nicolino “Mano di gomma”. I due, assieme ad un altro indagato chiave - Paolo De Sole, il professionista crotonese esperto nel settore farmeceutico - vanno anche a pranzo insieme. Siamo alla fine del 2013, Le Castella. Si parla di affari. Scozzafava rassicura i presenti: Tallini ha «già tutto pronto per quel discorso». Come Tallini, anche «il Commercialista», ovvero Grande Aracri, è interessato all’individuazione del capannone per il consorzio farmaceutico. E con Scozzafava ne ha già visitati due «a Germaneto».

Il summit dei Grande Aracri

I cutresi nell’affare c’entrano mani e piedi ed il nascente consorzio farmaceutico catanzarese diviene anche oggetto di discussione in un «summit» nella Tavernetta del mammasantissima Nicolino Grande Aracri. Presente, tra gli altri, oltre il solito Scozzafava, anche Leonardo Villirillo, «commercialista e consulente» della “famiglia”, il quale ritiene «ottimo» il business dei farmaci, consigliando una sede legale a Roma e una operativa, appunto, a Catanzaro: l’obiettivo è consorziare le farmacie «con il compito - sintetizza l’ordinanza del gip Giulio de Gregorio - di comprare per loro conto dei medicinali che poi sarebbero dovuti essere venduti a terzi». Servono, però, figure “pulite” per schermare la presenza, appunto, del clan crotonese, che deve comunque essere diretto protagonista nella gestione imprenditoriale. Dalle intercettazioni emerge chiaramente che tutti sono consapevoli del ruolo di Tallini e che quell’affare potrebbe produrre «un centinaio di milioni di euro l’anno».

C’è, quindi, il progetto e l’appoggio politico per accelerare la burocrazia. Ci sono i soldi e il peso criminale per persuadere le farmacie a consorziarsi. In realtà, però, c’è poco da persuadere: la cosca sa che le farmacie sono quasi tutte in sofferenza per una crisi generalizzata dovuta ai debiti verso fornitori e, quindi, aderire ad un consorzio simile, esposizione diretta o meno della malavita, sarebbe proficuo.

Il doppio crack

Parallelamente alla creazione del Consorzio Farma Italia, Salvatore Grande Aracri si mette all’opera per avviare l’apertura di una serie di parafarmacie a marchio Farmaeko. La prima, appunto, a Catanzaro. Poi a Cutro, Vibo Valentia, Soverato, Rossano e Paola. E ancora a Pian del Lago, Isola Capo Rizzuto, Cirò, Pizzo Calabro e Reggio Calabria. Un’espansione insostenibile, definita «aggressiva e dissennata dagli inquirenti» al punto che il consiglio di amministrazione della stessa Farmaeko porta i libri in Tribunale per dichiarare il proprio fallimento, sancito con sentenza del 2 febbraio 2018. L’obiettivo reale, infatti, in questo caso non è quello di vedere farmaci da banco, ma di «conferire appalti alle imprese collegate con il Grande Aracri». Fallisce la Farmaeko e, subito dopo, anche il neonato Consorzio Farma Italia, con sentenza del 9 marzo 2018.

Ma - sottolinea il gip De Gregorio - «l’operazione economica della cosca (lo ricordiamo, nelle more fiaccata dalle maxioperazioni Aemilia e Kyterion, ndr) non è stata, a ben vedere, così infruttuosa, perché, ottenendo l’autorizzazione al deposito e alla commercializzazione di farmaci è riuscita ad incrementare grandemente il valore del capannone di San Floro. Ed è questo il genere di affari che le cosche preferiscono».

Il politico «accorto e scaltro»

E Tallini? Durante tutto questo percorso si muove parallelamente, tessendo la sua trama in Regione, almeno secondo gli altri coinvolti nelle indagini le cui intercettazioni corroborano l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio per le quali il potente politico di Forza Italia stamani è finito agli arresti domiciliari. Egli - emerge dall’inchiesta Farmabusiness - per «far ottenere l’autorizzazione al Consorzio sarebbe intervenuto sul dirigente di settore». Trae anche un beneficio personalissimo, ovvero l’assunzione del figlio Giuseppe nel Consorzio Farma Italia. È un tipo - per usare le espressioni del gip De Gregorio - «accorto e scaltro nel prevenire i rischi di essere intercettato». Non parlava e raccomandava gli altri di non parlare al telefono, che però non lo stanno a sentire, affatto.  

«Noi abbiamo a Tallini!»

È Scozzafava, con i suoi disinvolti rapporti mafiosi, a mettere nei guai Tallini che «non voleva contatti diretti con i soci cutresi, conoscendone le dirette implicazioni mafiose e le contiguità» ed era «attentissimo a non farsi compromettere». Emblematico un passaggio del gip De Gregorio: «Benché non si registrerà mai un contatto diretto tra Tallini e Mellea (il capo dei Gaglianesi, ndr), appare chiara l’osmosi tra gli ambienti di riferimento che avviene per il tramite di Scozzafava». Insomma, Scozzafava l’addentellato dei Grande Aracri; Scozzafava il collegamento con i Gaglianesi; Tallini colui beneficia dei rapporti di Scozzafava per un mero fine elettorale. Uno «a disposizione», ripetono. Lo dice perfino Pancrazio Opipari, il magazziniere in odor di mafia del Consorzio: «Ma perché abbiamo a Mimmo Tallini!». Addirittura Scozzafava va oltre e ad una sua amica semplifica così: «Non hai capito che quello che gli dico io Mimmo deve fare!».

Capace di spostare una montagna

Che lo faccia di sua sponte o meno, è Tallini - affiora dall’indagine Farmabusiness - a procurare un incontro a due emissari del Consorzio Farma Italia con Rosa Maria Rizzo, responsabile dell’Unità operativa Farmacie del Dipartimento Tutela della Salute. La Rizzo dall’inchiesta ne esce più che bene: è un osso duro, sente puzza di bruciato e fa ostruzionismo.

Ma «l’intervento di Tallini spianerà ogni asperità» e «farà addirittura “spostare una montagna”, vale a dire che utilizzando il suo potere di assessore regionale riorganizzerà il Dipartimento interessato, facendo sì che una persona “gradita” potesse assumere l’atto autorizzativo». Nell’ordinanza, il gip quindi evidenzia che, proprio su proposta dell’allora assessore al Personale, Giacomino Brancati diverrà il Dirigente dell’Area Lea del Dipartimento della Salute, quella da cui dipende l’Unità operativa Farmacie. Brancati - per completezza e correttezza di informazione - non è indagato.