Le gomme sono lisce, il carburante scarseggia sempre più e il vano caldo dei malati, così come quello degli autisti, è sudicio, gli attrezzi medicali, poi, sono tenuti alla meno peggio, legati con dei semplici lacciuoli, mentre sul tachimetro si contano oltre mezzo milione di chilometri. Questo è lo stato in cui versa l’unica ambulanza del 118 in dotazione al punto Suem (Servizio urgenza emergenza medica) di Rossano. Sembra una scena da retropalco, ma è tutto drammaticamente vero.

L’unica ambulanza che “scarrozza” ammalati gravi nella Sibaritide, tra l’altro, lungo la Statale 106 e su strade da incubo, è un catorcio da rottamare. Macchine pericolosissime su cui viaggiano ogni giorno decine di persone, ignavi dei pericoli, e con loro anche l’equipe medica e infermieristica che vive, praticamente, nel terrore.

«Abbiamo paura ma non possiamo fare altrimenti»

Qualcosa, di come si vive – anzi, di come si è costretti a vivere – su questa ambulanza, ce l’hanno raccontata alcuni operatori del 118. «Abbiamo paura» dicono ma poi stringono le spalle (ovviamente) perché per loro questo è lavoro e non possono tirarsi indietro. «Il problema però – ci raccontano, ancora – è che se decido di fermare la macchina in questo momento (e di giusti motivi se ne avrebbero a iosa, ndr) io e tutti gli altri colleghi del presidio di Rossano, rischiamo di essere trasferiti in altre postazioni». E dove? «In quei posti che sono stati sguarniti di personale». Per intenderci, i pochi autisti (coraggiosi) che sono rimasti nei centri del 118 della provincia di Cosenza, hanno paura della mobilità e quindi di essere mandati chissà in quale altro angolo dell’Azienda sanitaria per supplire colleghi che con più comodità sono stati messi dietro una scrivania.

E questo stato di fatto, cioè quello di avere più addetti di sportello, centralinisti o addetti da scrivania, non riguarda solo gli autisti ma abbraccia tutta la sfera del personale sanitario. Sono i famosi imboscati di cui spesso si sente parlare.

Il business dei privati convenzionati

Poi c’è il business dei privati convenzionati. Già, accade anche che altre automediche rimangono ferme e parcheggiate perché non possono essere mandate in manutenzione, in quanto l’Asp di Cosenza dice di non avere i soldi per ripararle. Eppure, le ambulanze private, quelle che vengono pagate dalla stessa Azienda sanitaria, girano tranquillamente e fanno la spola tra gli ospedali, sostituendosi al servizio pubblico.

«Se ci fermiamo – ci dicono ancora alcuni operatori del 118 – veniamo penalizzati anche economicamente perché andiamo a perdere reperibilità e competenze accessorie». Insomma, riparare o comprare delle vetture nuove non converrebbe davvero a nessuno. E il perché è presto detto. «L’Asp fa lavorare i privati perché evidentemente gli conviene fare così». Insomma, i soldi per le convenzioni ci sono – e sono quasi sempre puntuali – mentre i denari svaniscono quando c’è da riparare le vetture in dotazione alla stessa Azienda sanitaria. E le automediche restano ferme o restano parcheggiate nelle rimesse delle autofficine dove i meccanici attendono di essere pagati o, ancora peggio, vengono messe per strada con grande pericolo per il personale e per i malati.

 

La domanda è: ma queste ambulanze – tipo quella che è in dotazione al 118 di Rossano – sono in grado di poter superare una revisione? Per i veicoli fermi, dicevamo, nel frattempo ci sono i mezzi privati che costano all’Azienda sanitaria una cifra pari a 700 euro al giorno (un po’ come i medici in convenzione che vengono chiamati a supplire nei reparti lì dove non c’è copertura di personale, che di euro ne costano circa 800 al dì). E tutto questo avviene con un alto incremento delle spese, poiché non solo i veicoli prima o poi andranno riparati o rottamati e quindi sostituiti ma nel frattempo si crea un danno erariale notevole. E poi dicono che il nostro sistema sanitario è rimasto senza soldi. Chissà perché!