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Che l’ospedale di Lamezia Terme confinasse con il campo rom di Scordovillo era cosa risaputa. Se ne erano accorti coloro che abitualmente trovavano le macchine lasciate nel parcheggio del presidio scassinate o rubate. Ma lo sentivano anche i pazienti ricoverati, nelle cui stanze entrava l’odore acre dei fumi neri alla diossina sprigionati direttamente dal ‘ghetto’. Ora che, sollecitati dall’amministrazione dell’ospedale e da alcune associazioni, i volontari della cooperativa Malgrado Tutto hanno tolto parte di quel muro di sterpaglie e rifiuti che separava le due realtà, la vicinanza è apparsa in tutta la sua evidenza e tragicità.
Ecco allora i liquami del campo scendere direttamente nel parcheggio dell’ospedale per defluire in un pozzetto, mentre sono di ogni specie i rifiuti lì abbandonati. Più di cento gli pneumatici portati via dai volontari, ma tanti sono ancora lì. Sono quelli che i gommisti danno ai rom per smaltirli in cambio di pochi euro.
Molti di questi vengono bruciati, altri erano ammassati proprio nel parcheggio dell’ospedale. E poi, ancora, elettrodomestici di grandi dimensioni, televisioni, scaldabagno. Ma basta alzare la testa per vedere ora le baracche, le lamiere di eternit. Il tutto a poche decine di metri dall’ingresso principale dell’ospedale. Il tutto nel 2016 dopo che un’ordinanza di sgombero pesa da anni sul campo rom più grande del Sud Italia e in cui è stata accertata emergenza sanitaria. Non basta non vedere per pensare che qualcosa non esista. Quanto uscito fuori ora ce lo ricorda.
Tiziana Bagnato