Si annunciano tempi duri per gli «eco-vandali» che da mesi imbrattano con innocua vernice lavabile palazzi storici e protezioni di opere d’arte in giro per l’Italia e per l’Europa nel tentativo di richiamare l’attenzione sui problemi climatici. Il Governo Meloni (sulla scia dell’intervento rugbistico in mondovisione del sindaco di Firenze, Nardella) ha infatti dichiarato guerra a decine di adolescenti: previste multe salatissime e pene detentive da 6 mesi a 3 anni per chi deturpa o imbratta edifici sottoposti a tutela dei beni culturali. Un giro di vite draconiano che, se fosse esteso anche ad amministratori e funzionari pubblici protagonisti negli anni di restauri conservativi che gridano ancora vendetta, farebbe decine di vittime. Tante quanti gli scempi che, con ammirevole precisione, si sono abbattuti sul patrimonio storico e artistico di quasi tutta la provincia di Reggio. Scempi che non si possono ripulire con l’acqua.

«Dopo un anno i restauratori levarono le tende – scriveva in una vecchia cronaca sul restauro della chiesa di San Francesco a Gerace, Totò Delfino – quando don Carmine entrò nella chiesa restaurata per poco non gli venne un colpo. L’interno era stato tappezzato di mattonelle di maiolica azzurrina. Qualcuno assicura di aver visto Nicola Ruffo, conte di Sinopoli, brandire la spada dal suo sarcofago di pietra».

Più o meno la stessa reazione che, più o meno negli stessi anni, avrebbe potuto tenere don Giacomo Carafa nel suo sarcofago rinascimentale custodito nella chiesa Matrice di Caulonia, dopo che i “restauratori” avevano rimosso la pavimentazione originale che risentiva del passare del tempo. Sostituita con materiali moderni, le mattonelle vecchie di secoli sono finite ad arricchire qualche discarica d’inerti. La stessa sorte toccata, in tempi più recenti, anche in quello che rimane del castello di Monasterace dove, in seguito ad un intervento di restauro, venne sacrificata la pavimentazione antica. Nello stesso castello poi, gli stessi restauratori, pensarono bene di passare una mano d’intonaco sulle pareti interne di diverse stanze. E ancora a Stilo, dove il primo sciagurato intervento sugli affreschi della “cattolica”, arrivò a modificare i colori di una delle mani della pittura meno antica. Un “restauro” su cui si rese necessario, a furor di popolo, un nuovo intervento riparatore per rimuovere le modifiche appena effettuate.

E se il passato è ricco di aneddoti tragicomici sul mancato rispetto del nostro patrimonio artistico, anche il presente è carico di interventi che hanno sollevato montagne di polemiche e che si lasciano dietro dubbi e perplessità. Come a Reggio, dove i lavori della centralissima piazza De Nava, sono addirittura finiti in Procura, con un esposto presentato dalla fondazione Mediterranea in cui si ipotizza «la distruzione o il deterioramento di beni culturali»: ultimo atto di una polemica ferocissima che si trascina da mesi tra la Soprintendenza (che ha curato il progetto) e un agguerrito gruppo di intellettuali che vi si oppone. Una polemica per un intervento destinato a cambiare per sempre la faccia della piazza liberty che guarda il museo archeologico e che ha lasciato piuttosto fredda la città, ma che rischia di trascinarsi anche lungo le aule di un tribunale.

 Risalendo la costa di pochi chilometri, nella rocca di Santo Niceto a Motta San Giovanni – il bellissimo castello di età bizantina a lungo abbandonato al suo destino e, negli anni, oggetto di numerosi interventi che ne hanno riacceso la maestosità – ha fatto molto discutere l’intervento di sistemazione del piazzale adibito a parcheggio esterno. Un intervento a colpi di catrame e bitume che ha fatto storcere più di un naso negli uffici della soprintendenza. E poi più a sud, ancora Caulonia. Qui, finanziato con i fondi del paese “cantiere del suono” l’intervento di restauro ha interessato il campanile della chiesa matrice. I lavori di ristrutturazione hanno avuto un impatto visivo molto forte sulla torre dell’orologio che sovrasta la Mese che, liberata dalle impalcature, ha mostrato anche un colore diverso, passando da un grigio azzurrino segnato dal tempo, a un bianco accecante che fa a pugni con il resto della piazza.